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Balkan pin-up

Editore: 
Zandonai
Luogo di edizione: 
Rovereto
Anno: 
2013
Traduttore: 
Sergej Roić


Recensione: 

Dice bene la biografia di Veličković che si legge nella quarta di Balkan pin-up: «Una delle voci più coraggiose dell’élite intellettuale serba».

A leggere questo romanzo, soprattutto nella I e II parte “Antenati balcanici” e “L’attentato” prevale il tono scanzonato che lascia progressivamente il passo a amarezza e disillusione: si stanno raccontando infatti, anche se il lettore non se ne rende subito conto, gli ultimi decenni di storia balcanica, più o meno corrispondenti alla vita di chi scrive, nato nel 1947, per arrivare ai giorni nostri, con il carico di speranza prima e incredulità poi, nonché disillusione, di chi non ha mai ceduto alle trombe nazionaliste anticipatrici della guerra e sostenitrici dell’orgoglio identitario.

È la biografia romanzata di un uomo che raccontando le sue amicizie, la sua famiglia, i suoi viaggi in Europa racconta la storia recente di un paese che non esiste più e di cui ha molta nostalgia. Nostalgia di quell’incrocio di civiltà che erano i Balcani e che la metafora del cibo rappresenta egregiamente: “Quando si gusta la Sachertorte ci si trova senza dubbio nella Mitteleuropa, mentre là dove si mangia la baklava è già Oriente. A Belgrado potete trovare sia l’autentica Sachertorte che la baklava turca” (p. 19).

Un esempio del coraggio di un attento osservatore, lo troviamo invece verso la conclusione del libro, quando l’autore confronta le forme di isolamento produttrici di xenofobia del passato con quelle del presente: “L’isolamento non è più quello del passato, tuttavia di xenofobia ne scorre a iosa e l’odio nei confronti dello straniero non accenna a diminuire. Le cause in questo caso sono però diverse e nuove: si tratta di manipolazioni e giochi della politica” (p. 105).

Frutto di una lucida osservazione anche la descrizione, che non cade nel pamphlet sebbene offra pennellate estremamente analitiche e critiche, della metamorfosi di tanti politici riciclati europeisti, da nazionalisti quali erano, un altro segnale che non fa sperare in luminose prospettive di rinascita.

E infine il titolo, rivelato a chi legge solo nel finale, che non sveliamo ma che lascia, ancora una volta, un amaro sapore di ineluttabilità.

Autore della recensione: 
Silvia Camilotti
Pagine di...: 

Cibo come incrocio di culture: p. 19