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Lagum

Editore: 
Jaca Book
Luogo di edizione: 
Milano
Anno: 
2012
Traduttore: 
Isabella Meloncelli


Recensione: 

Lagum è una parola turca per indicare un passaggio sotterraneo privo di luce, quello percorso dalla protagonista nella sua vita per riuscire ad allevare le figlie, quando è stata privata di tutto il suo benessere di signora della ricca borghesia belgradese e costretta all'indigenza dall'avvento del nuovo regime di Tito.
Siamo a Belgrado, ora nel novembre del 1984 e la vecchia signora ricorda una lunga vita in un continuo ritorno a momenti lontani, indicati con precisione, perchè sono 'ora', "uno di quegli ora foschi e decisivi", torna con la memoria in quel 'presente': quel presente novembrino, quella domenica di settembre, quel presente del novembre 1947, "quel presente che accadde alla fine degli anni cinquanta, forse nel 1958, o forse anche nel 1959", quel presente del novembre 1944, vivo come accadesse ora.
Al suo racconto si alterna, di tanto in tanto, con contrappunto drammatico, quello di un altro personaggio, il droghiere armeno, poi maggiore dell'esercito partigiano, che subisce il fascino della signora, in lotta segreta con le sue convinzioni comuniste, e a cui la signora lascerà, per testamento, le sue annotazioni su un'intera esistenza.
È solo il vecchio ragazzo sentimentale che è in lui a restarne affascinato: lei è la moglie di un collaborazionista e resta al suo fianco anche se non lo approva e ne mette in discussione le scelte. Ma cos'è il tradimento? "È una gran bella cosa essere pieni di virtù, se la vita te lo consente, ma che fare se ti pone di fronte alla scelta tra due oscuri baratri." E anche lei si troverà a "tradire", contro i propri principi, ospitando di nascosto dallo stesso marito un partigiano ferito. "Lo tradivo nella sua casa, nella nostra comune casa, convinta di farlo per porteggerlo. Lo tradisco per il suo bene, Signore iddio, senza nemmeno chiedermi come affrontare l'inferno della mia propria coscienza."
Il nuovo potere la priva ugualmente del marito, che viene giustiziato e di tutta la sua ricchezza, sinonimo di ingiustizia, relegandola nell'ex camera della domestica, dove resta solo un vecchio amico, un tavolino di mogano di quello che fu un prestigioso salotto Chippendale.
Non è più utilizzabile infatti il possessivo: "Non c'era più niente di mio, e ancor meno di nostro, nè gli oggetti nè le persone. Il significato, evidentemente, doveva essere nuovamente stabilito, in accordo con quella realtà inconcepibile." Il termine nostro assume anzi connotazioni ironiche nel riferirsi a persone che hanno tradito fiducia e affetto.
Come si vede già solo da questi pochi esempi un grande rilievo viene dato nel testo all'uso delle parole, in un muto colloquio con la figlia "professoressa di serbocroato, dogmatica e purista", e per evidenziare oggetti che non si usano più, valori ormai desueti, "spazzatura del passato", ricordi che si vogliono seppellire o far riemergere. Pura storia le parole stesse, come lo Schlafrock (chiamato così, non veste da camera) della nonna, della vecchia dama di corte. Mentre avanza la neolingua impoverita della società totalitaria, già descritta da Orwell. "In misura maggiore o minore avevano incominciato a parlarla tutti: si diffondeva rigogliosa come una potente pianta rampicante di parole impoverite e spersonalizzate, dai germogli malvagi. Germogliava, questa lingua, eppure balbettava: Muoviti. Parla. Su, compagno. Fermati, compagno. Non si può, compagna. Più in fretta, compagni. Addosso."
Un romanzo con echi autobiografici e il riconoscimento della forte figura della madre dell'autrice, intenso e ricco.

Autore della recensione: 
Maria Rosa Mura
Pagine di...: 

LA LINGUA
Tutto il testo è percorso da puntuali osservazioni linguistiche, che travalicano nel discorso storico, sociale, personale: si veda ad esempio pag 40, il cesto per la biancheria e le osservazioni sui mutamenti nella lingua viva; pag 105, hamal - il facchino e la società in cui sono sempre disponibili uomini di fatica; 153 ancora biancheria e bucato e il profumo di ricordi inquietanti; il citato Schlafrock pag 155 sg e molti molti altri.
LE DONNE
All'ascesa sociale del marito corrisponde per la moglie un impegno sempre più serio e nella sua vita entra "una parola che si sentiva più di quanto non venisse pronunciata". "Quella parola era assolutamente comune, un aggettivo al femminile: 'perfetta', e doveva caratterizzare la mia persona " pag 100 sgg
Solo il lavoro, come insegnante, riesce a darle coscienza delle sue capacità e ad affrancarla, orgogliosa perchè a dei giovani "ribelli spontanei" ha insegnato "che è necessario verificare anche i valori che appaiono indiscutibili, che non si deve credere alle apparenze di perfezione, ma si deve credere nelle forme del dubbio." L'eccesso di impegni però (e la tensione per la perfezione che le viene richiesta) mina le sue forze ed è costretta ad abbandonare i suoi allievi, pag 103 sgg .