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Resto qui

Editore: 
Einaudi
Luogo di edizione: 
Torino
Anno: 
2018


Presentazione: 

Romanzo ambientato in in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua che hai imparato da bambino è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia durante gli anni del fascismo. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che sommergerà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine.

Pagine di...: 

ECONOMIA E AMBIENTE

La diga era stata annunciata per la prima volta nel 1911. Imprenditori della Montecatini volevano espropriare Resia e Curon e sfruttare la corrente del fiume per produrre energia. Industriali e politici italiani dicevano che l'Alto Adige era una miniera d'oro bianco e sempre più spesso mandavano ingegneri a ispezionare le valli e a sondare il corso dei fiumi. I nostri paesi sarebbero scomparsi sotto una tomba d'acqua. I masi, la chiesa, le botteghe, i campi dove pascolavano le bestie: tutto sommerso. Con la diga avremmo perduto le case, gli animali, il lavoro. Di noi, con la diga, non sarebbe rimasto più nulla. Saremmo dovuti emigrare, diventare altro. Un altro guadagnarsi il pane, un altro posto, un altro popolo. Saremmo morti lontano dlla Val Venosta e dal Tirolo.
pag. 18
 
Giorno dopo giorno la voragine continuava ad espandersi come una chiazza d'olio.
I caterpillar e i camion si arrampicavano sulle montagne di terra e sembravano sempre sul punto di rotolare. I manovali erano formiche laboriose che si confondevano con la luce pallida del sole invernale. I campi non c'erano più. Le distese verdeggianti erano scomparse. La terra adesso vomitava solo polvere, sfoggiava le sue pietre sfarinate e bluastre e non sembrava la stessa su cui crescevano i larici e i ciclamini, su cui avevano brucato indisturbate le mucche e le pecore. Il silenzio fermo delle montagne era sepolto sotto il rumore incessante delle macchine che non si fermavano mai. Nemmeno la sera. Nemmeno la notte.
pag. 140