Palacinche. Storia di un'esule fiumana

Due ragazzi spigliati dei nostri giorni ricostruiscono una storia, familiare e nazionale, con leggerezza profonda.
Caterina ha sempre saputo della vita della madre, esule da Fiume, ma erano pezzi e bocconi di discorsi, non interiorizzati. Ora si documenta con cura, intervista la madre e fa riaffiorare i suoi ricordi, la spinge a riprendere in mano le vecchie foto e a raccontare, lo stesso farà con la zia che va a cercare dopo tanti anni, cerca documenti e poi torna alla riscoperta dei luoghi di questo esodo. I due giovani percorrono un cammino a ritroso degno di un buon storico, dalla casa attuale al campo nel bosco di Capodimonte e alla vita che vi si conduceva, a Bagnoli, ai primi rifugi a Termini Imerese, Udine, Trieste. Quegli spazi per la famiglia delimitati da tende ricordano tanto le descrizioni di Marisa Madieri, anche lei fiumana, quando nel suo "Verde mare" racconta la vita nel Silos di Trieste, dove furono accampati per anni profughi istriani, dalmati e fiumani. I due giovani ripercorrono la vita della madre, indietro indietro nel tempo, fino ad una Fiume Rijeka non più riconoscibile, fino alla casa in cui abitavano quelli che poi saranno esuli, fino alla casa in cui la madre è nata.
Foto limpide nette di una realtà odierna perfetta fanno da contrappunto al disegno vivace da bozzetto, al ben rifinito disegno color seppia che rievoca il passato, ai documenti citati e riprodotti.
Un lavoro serio, che non giudica, non recrimina, mette in luce aspetti perfino positivi di quella non facile vita, un lavoro dolce come il sapore di una palacinche della propria infanzia e della propria storia ritrovata.