Tu sei qui

Mondopentola

Editore: 
Cosmo Iannone
Luogo di edizione: 
Isernia
Anno: 
2007

Recensione: 

La raccolta di racconti curata da Laila Wadia, già autrice di numerose storie e di un romanzo, riunisce autori immigrati in Italia dalle più diverse parti del mondo sotto il segno della… forchetta.
L’idea che anche il cibo e la sua preparazione possano trasformarsi in momento di condivisione, in occasione di ricordo, in tentativo di sconfiggere il vuoto di sensazioni, odori e atmosfere appartenenti al passato di ciascuno attraversa e sostiene il testo, che tuttavia non scivola in romanticismi banali e strappalacrime.
Il tono, sebbene corra spesso sul filo dell’ironia e del sorriso – che, non a caso, rappresentano alcune delle note stilistiche più caratterizzanti le opere della curatrice – invita alla riflessione su una molteplicità di tematiche: dallo scempio in Jugoslavia che ha costretto Božidar Stanišić alla fuga ed alla perdita di relazioni e amicizie (La coccinella di Omero), al tema della morte “narrata dall’altra parte dell’oceano e vissuta, fuori tempo” (Il Mao è morto, p. 42), al lavoro nelle miniere di zolfo in Sicilia durante la seconda guerra mondiale, (Tortilla, mojo y almendras amargas), alla difficoltà per una donna nell’abbandonare il proprio paese, la propria famiglia, il proprio lavoro, per andare in Italia a fare lavoro di cura (Di sarmale, involtini, amiche e brassica), alla distanza che si crea con la propria famiglia dopo un distacco ventennale (Il caffè). Questi temi sono controbilanciati, in un vero e proprio equilibrio di sapori, da note vivaci ed allegre, dai profumi dei cibi che vengono preparati e gustati nei racconti, dal senso di comunità e appartenenza che contribuiscono a creare nelle più diverse situazioni: in una coppia indiano-istriana che vive a Trieste (La calandraca), tra amici divenuti tali in occasione di un corso di formazione (Piatto parigino dei Balcani in salsa veneziana), in famiglia (Cronaca di una feijoada brasileira e Kebab di ciliegie e lasagna alle fragole).
L’idea, il messaggio, la sensazione che rimane (oltre alla voglia di sperimentare nuove ricette!) mostra come anche il cibo, tolta quella patina esoticizzante e folcloristica che sa tanto di “culture” stereotipate e preconfezionate per palati occidentali, possa diventare, da una parte, occasione di contrasto a stereotipi insapori ma nocivi, e dall’altra momento di incontro e paritaria mescolanza: “solo in questo luogo (un negozio che vende cibi da tutto il mondo, ndr) ho visto pane azimut abbracciare ceci palestinesi, sughi indiani non scostarsi dal vicino sugo pachistano, tapioca e manioca del terzo mondo stare in prima fila, sopra confezioni di cibi frankenstein made in Usa.” (La calandraca, p.133).

Autore della recensione: 
Silvia Camilotti