Quotidiano di Bacau "Desteptarea"- Il risveglio, numero 1. Romania 23 dicembre 1989, prestato da Lucian Berescu
Ricordo ancora l’intensa emozione che ho provato nel comprare, una gelida mattina di fine dicembre, il primo numero del nuovo, l’unico, quotidiano della mia città, Bacău. Fino a “ieri” si intitolava “Steagul Rosu”, ovvero “La Bandiera Rossa”, giornale che acquistavo insieme a pochi altri, una volta in settimana, con gli spiccioli della modesta paghetta che ricevevo dai nonni. L’acquisto dei giornali, come tutto, del resto, a quell’epoca, era un’esperienza socio-culturale (quasi) appagante. Prima di sfogliare le pagine di un giornale e sentirne il profumo di inchiostro fresco dovevi: svegliarti quando era ancora buio, metterti pazientemente in fila, aspettare altrettanto pazientemente per qualche ora, parlare del più e del meno con i compagni di fila, raccontare le barzellette dell’epoca, cercare di captare informazioni sulla nuova fornitura degli scarsi generi alimentari al super-vuoto-mercato sotto casa, dare e ricevere qualche gomitata nel “fremito culturale” che avvolgeva la fila alla consegna dei giornali all’edicola, e, infine, pagare e stringere tra le mani l’ammasso di informazioni che colmavano le pagine dei giornali, con poche e rare eccezioni, tutte censurate, modificate, personalizzate su misura del nuovo homo socialisticus plasmato da un’epoca: l’epoca d' oro della Romania comunista.
Quella mattina era, invece, diversa: uguale la sveglia con il buio, l’inserimento e l’attesa paziente nel grappolo di gente davanti all’edicola, ma diverso il parlare liberamente dei morti di Timişoara, della fuga codarda della famiglia presidenziale, dell’esercito in balia di ordini contradditori, della pacifica manifestazione del giorno prima davanti al palazzo del governo della mia città – sì, proprio quella della foto grande del centro pagina, dove io c’ero! –, diversa l’attesa di un giornale che non conoscevamo. Come diversi erano il tono della voce e lo sguardo miei e dei miei camerati di fila: nessuno osava più pronunciare la parola “compagno”, tutti annusavamo l’aria fresca di libertà conquistata a suon di pallottole, cercando di scrollarci di dosso quel grigio esistenziale, marchio intimo dell’epoca d'oro di un Paese stremato sotto il colore “sbandierato” in ogni angolo dell’esistenza della società rumena: il rosso. Rosso era il giornale locale, rossa la bandiera, lo stemma del partito, i tesserini, rossa era la rabbia che traboccava dentro di noi.
Si chiama “Il Risveglio” ed è l’aspirazione di un’intera città, di un intero popolo. È memoria storica e ricordo, stampata nel cuore e nella testa. Per questo è oggi, qui, custodito tra le poche care cose che dall’adolescenza rumena ho portato alla maturità italiana. È anche un po’ nostalgia, nostalgia per un periodo di grande entusiasmo e di incontenibile gioia che caratterizzarono i primi giorni dopo la fine del comunismo. È, infine, orgoglio, l’orgoglio di aver aggiunto – a distanza di qualche anno – la mia firma sulle pagine del giornale in qualità di redattore accanto a nomi storici del giornalismo locale.