di Emina Ristović
Quando hai solo dieci anni il mondo ti sembra così bello, così perfetto. Sorridi sempre. Giochi con gli amici spensieratamente nel cortile davanti all’edificio dove vivi, a volte persino fino a tardi. Ti senti libera come il vento che scompiglia i tuoi lunghi capelli ribelli. Né lisci né mossi. Ti piace leggere e scrivere, soprattutto lettere. Le lunghe lettere riempite con una scrittura incerta che scrivi a un’amica a Banja Luka. Una città che si trova in Bosnia ed Erzegovina, una delle sei repubbliche della Jugoslavia. Il tuo paese d’origine. Nonostante la lontananza, il vostro è un legame forte. Non c’è distanza che possa spezzarlo. Quando hai solo dieci anni non conosci cosa sia la tristezza e se, a volte, ti scende dal viso qualche lacrima è al limite per aver ricevuto un brutto voto a scuola, oppure per aver litigato con un amico o un compagno di classe. Il tuo modesto vocabolario non conosce parole come indipendenza, guerra civile, profugo, e via discorrendo. Non vuoi ma sei costretta, tuo malgrado, a crescere in fretta e ad assimilare molte novità che fatichi a capire. All’improvviso una vacanza in Grecia, a lungo attesa, viene interrotta perché arrivano brutte notizie da casa. Qualcosa che i grandi chiamano la dissoluzione. Un parolone così grosso che a loro dice molto a te, una bambina di appena 10 anni, nulla. Capisci solo che una delle repubbliche di quella che avevi da sempre considerato la tua patria ha deciso di staccarsi ed essere uno Stato solo. Come se a te, qualcuno, per una ragione che proprio non ti è chiara, decidesse tutto d’un tratto di staccare un pezzo del corpo. O peggio, del cuore. Non batterà mai più con lo stesso ritmo. Con la dissoluzione, qualsiasi cosa volesse dire, arrivano i conflitti, la gente armata che combatte per chissà cosa e perché. Ti dicono che c’è la guerra civile. Sai, dai racconti dei tuoi nonni, che è qualcosa di molto brutto, che lascia nelle persone una tristezza infinita. Anche se a casa tua nessuno combatte, un’arma l’hai vista soltanto in tv e di nascosto perché “non è una cosa per bambini”, ti senti male lo stesso. Le lettere della tua amica di Banja Luka non arrivano più. Il telefono di Alma, è così che si chiama, suona a vuoto sempre. Hai tante domande nel cuore e nessuna risposta. Un giorno, arrivi in classe come ogni mattina, ma una delle tue insegnanti ti guarda storto. È uno sguardo pieno di rancore e di odio che ti fa tremare tutto il corpo. Hai paura per un motivo che non riesci a spiegare a te stessa. Quando, poi, ti dice davanti a tutti i tuoi amici che il tuo nome, Emina, che i tuoi genitori ti hanno dato per un bellissimo ed omonimo poema di uno scrittore bosniaco, è da cambiare immediatamente, ti assale una vergogna enorme. Ti senti diversa. Le chiedi tra le lacrime di spiegarti perché. Si alza dalla sedia e arriva vicino al tuo banco. Ti sbatte in faccia un quotidiano, uno di quelli che legge di continuo in classe e che sai che si chiama Politika, prima di confonderti ulteriormente con le sue parole. - È un nome musulmano. I tuoi genitori come si sono permessi di chiamarti Emina? I musulmani massacrano i serbi. Sono nostri nemici. Lasci la scuola correndo. Anche la tua amica, Alma, è una musulmana. Per questo non ti scrive più? Maledici la guerra. Non la capisci per quanto ti sforzi. A casa ritrovi il tuo rifugio. La tua pace perduta. Anche se sai che tua madre è andata subito a scuola, a denunciare la tua insegnante al preside, non fai che chiederti perché sei così sbagliata. Da piccola però ti hanno insegnato che siamo tutti uguali, indipendentemente dalla nostra religione, dal nostro nome e sai che è giusto così. Che non è bello odiare.
Cresci ma non dimentichi. Sei una donna. Ormai da decenni lontana da quella che una volta chiamavano Jugoslavia. Il nome non l’hai mai cambiato, né lo vorresti fare nemmeno in futuro. È un nome che ti si addice proprio. È tuo. Alma, la tua amica d’infanzia, non l’hai mai più ritrovata. Non sai nemmeno se è viva. Ovunque si trovi ora, rimarrà per sempre nei tuoi ricordi. Nei ricordi di una bambina che aspetta ancora di capire.