La diversità del mondo moderno è più del semplice colore della pelle
“La diversità nel mondo moderno è più del semplice colore della pelle. E’ il genere, l’età, la disabilità, l’orientamento sessuale, il background sociale e – più importante di tutto, per quanto mi riguarda – la diversità di pensiero”. Secondo l'attore Idris Elba occorre un cambiamento, anzitutto nella televisione, perché la TV aiuta a modellare il mondo reale ed è anche una finestra sul nostro mondo; perchè se si vuole sostenere l’economia si devono salvaguardare le industrie creative che ne sono il fondamento e si reggono sul talento, talento che troppo spesso va sprecato, per mancanza di opportunità. Elba teneva questo discorso il 18 gennaio di quest’anno al parlamento britannico, Fred Kuwornu lo riprende nel suo documentario "Blaxploitalian" e Leonardo De Franceschi lo argomenta in chiave italiana. De Franceschi, che insegna 'Teorie e pratiche postcoloniali del cinema e dei media' all'Università di Roma Tre, condivide queste affermazioni e da anni mette in evidenza il contributo dei cineasti afrodiscendenti al cinema italiano; nel 2013 ha pubblicato "L’Africa in Italia. Per una controstoria postcoloniale del cinema italiano", http://www.ilgiocodeglispecchi.org/libri/scheda/lafrica-italia-una-contr..., e con un gruppo di studenti e ricercatori creato il blog http://cinemafrodiscendente.com/ Nel suo contributo alla conferenza Diversity & Media, tenuta a Bologna nel maggio scorso, Leonardo De Franceschi torna a sottolineare come cinema e televisione italiani non riflettano la composizione sociale. In base al Dossier statistico dell’immigrazione del 2015 i residenti stranieri o italiani di origine straniera sono 1 su 10. "Ecco, a voi sembra che il panorama della televisione e del cinema italiano rispecchi questa composizione della società italiana, che almeno uno ogni dieci conduttori della tv, ospiti in un talk show, protagonisti di una fiction o di un film siano stranieri o di origine straniera? Direi proprio di no." "Non possiamo limitarci ad aspettare che il tempo faccia il suo corso e sacrificare due-tre generazioni di talenti, nel mondo dello spettacolo e non solo." I sociologi ci spiegano che il brain waste, lo spreco di cervelli, è fenomeno strettamente connesso alla migrazione, ma risulta particolarmente grave se parliamo di media e soprattutto di televisione che non solo rappresentano, ma modellano il mondo reale. Esiste un diritto ad autorappresentarsi che vale per l'individuo come per i gruppi minoritari o più deboli. La diversità, largamente intesa, deve avere l'opportunità di contribuire all'immaginario collettivo. "Evidentemente una nazione in cui un numero molto ristretto di persone arriva a concorrere a questa immagine, tagliando fuori una platea significativa di gruppi sociali, e in cui quindi, mi viene da dire inevitabilmente, dominano stereotipi sessisti, razzisti e classisti, non concorre a far crescere le sue forze sane e migliori, produce un’immagine di sé povera, angusta, statica, poco rappresentativa, a bassa risoluzione, l’immagine di un Paese che non riesce a fare i conti con la sua identità plurale, in cui le ineguaglianze sociali crescono e i pochi ascensori sociali vengono progressivamente smantellati. Questa narrazione che l’Italia sta producendo attraverso le sue industrie creative, oltre ad essere scarsamente pluralista e quindi fonte di ulteriori frustrazioni e disparità sociali, risulta anche poco attraente sia sul piano interno che internazionale." "...proprio la mancanza di politiche della diversità è uno dei fattori che ha determinato questa situazione di sottodimensionamento del settore e scarsa attrattività delle nostre narrazioni." Basti pensare a come Hollywood sia diventata grande per la sua capacità di attrarre nuovi talenti da tutto il mondo. Per tutti questi motivi è partita una campagna con proposte di emendamenti al disegno di legge presentato dal Ministro Franceschini “Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo”, Ddl n. 2287, attualmente in discussione alla commissione cultura del Senato ed una petizione. Presente su Change.org la petizione è stata redatta da nove fra critici, cineasti e operatori delle industrie creative, fra cui Leonardo De Franceschi, Fred Kuwornu, Nadia Kibout, Alfie Nze e Reda Zin, è rivolta al Presidente del Senato, Pietro Grasso, al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e subito sottoscritta da cinquanta personalità della cultura, dei media e delle industrie creative, fra cui Bernardo Bertolucci, Gad Lerner e il collettivo dei Wu Ming. Chiediamo anche noi a chi ci legge di firmare e contribuire a far girare la petizione #peruncinemadiverso, (qui la petizione) È necessario potenziare in modo forte le politiche della diversità nella televisione e nel cinema italiani, in modo che gli attori, le maestranze, il pubblico (compreso il campione di rilevazione dell'Auditel!) rispecchino l’identità plurale del nostro paese.