Il film Kolya è ambientato a Praga nel 1988, in un periodo quindi precedente il crollo del comunismo.
Louka è un violoncellista di mezza età, cacciato a suo tempo dall'Orchestra Filarmonica Ceca, presumibilmente (si intuisce soltanto) a causa di una divergenza con qualche funzionario di partito e ora è ridotto a suonare ai funerali per sopravvivere. Oltre alla passione per la musica Louka coltiva puntualmente quella per le donne e non manca di sedurre le varie studentesse che frequentano le sue lezioni di violoncello.
La vita non è molto facile per Louka che si trova costantemente in ristrettezze economiche. Dopo alcuni tentennamenti accetta quindi di sposare per denaro una donna russa, madre di Kolya, per permetterle di acquisire la cittadinanza ceca. Una volta ottenuti i documenti però Klara emigra in Germania ovest dal suo amante, lasciando il bambino, che ha soli cinque anni, a Praga con la nonna che poco tempo dopo muore.
In seguito alla morte della nonna, Louka, a questo punto parente più prossimo di Kolya, si vede depositare a casa il piccolo.
Il rapporto tra i due inizia sulla base della diffidenza reciproca: Louka parla solo ceco e Kolya soltanto russo. Anche i cuori più duri però con il tempo si inteneriscono e scatta l'affetto tra quest'uomo che non ha mai avuto o desiderato un figlio e un bambino solo, ancora molto piccolo, lontano dalla madre e da qualsiasi altra persona conosciuta.
In un momento storico significativo per il popolo ceco il rapporto tra i due è reso ancora più interessante dal fatto che, dei due, il più forte appartiene al popolo più debole, oppresso, mentre il piccolo Kolya al popolo degli invasori, ed è assolutamente divertente vedere il piccolo compiacersi nel sentire i soldati russi invasori che parlano la sua lingua madre.
Si può imparare ad amarsi anche quando si è molto diversi: è questo il messaggio del film di Sverak; per dialogare non occorre parlare la stessa lingua, basta prendersi per mano.