Migrante per sempre è la protagonista di questo romanzo o l'intera popolazione di questo nostro paese? dal prologo che ci mostra come nel dopoguerra si attraversava la frontiera francese, pagina dopo pagina, anche parlando d'altro, irrompe l'accenno a vite migranti in cui passato presente e futuro si mescolano, scivolano nel racconto continui riferimenti a migrazioni che danno la quantità complessiva di un fenomeno diffuso e mai concluso.
La valigia legata con lo spago, immagine consolidata della nostra migrazione, "le valige gonfie, con lo spago intorno per non farle scoppiare", la valigia: la casa dei senza casa, di chi vive in transito è ora la valigia del senegalese.
Nel libro ritroviamo tutti gli aspetti che gli studiosi hanno individuato in questa esperienza comune ai popoli, tradotta in un mondo di persone reali, nei loro affetti e sentimenti, una ricerca continua di affetti e riferimenti mentre si continua a sentirsi estranei, con pochi legami da cui subito ci si deve staccare.
Le vedove bianche dei mariti lontani è qui la donna forte e orgogliosa che va al cinema con i figli: "E mio marito sta alla Germania, no al cimitero"; il senso di abbandono nel paese senza gli uomini, al lavoro lontani "cent’anni di sonno intorno al braciere, nella notte del vicolo, fino al risveglio dei ritorni"; la solidarietà tra emigrati e il mondo chiuso dei paesani la domenica, senza la belllezza del paese. "Case di Germania, case di paese senza il paese"; la doppia assenza, in Germania mangiaspaghetti e cannibali- kanaka in Sicilia germanesi.
"Migrante per sempre" è un mondo di affetti, cercati, negati, inseguiti, è figure indimenticabili di donne.
Donne forti, che sanno pensare e decidere, in piena autonomia.
Mamà, bellissima tutta azzurra e fiorita di primavera, regina senza paura, non teme le malelingue del paese nè gli sbirri tedeschi e nemmeno i fantasmi del cimitero. Nella sua reazione rabbiosa contro i trafficanti guida nel buio i clandestini attraverso il cimitero al confine tra le due Forbacche, francese e tedesca. "La mamà non si scanta di niente,
Linu’. Dei morti, dei vivi, delle guardie..."
Lavora senza sosta e lotta fino all'ultimo per trovare un posto dignitoso per lo zio chiuso da anni in manicomio.
La nonna, profumata di zagara, capace di allevare cinque nipoti, comunista per convinzione e per le esperienze della sua vita, ma fedele alle cerimonie religiose della Pasqua. "Credo alle cose giuste, fuori dalla chiesa e dentro alla chiesa"
La protagonista che tra le avversità, i dolori di essere lontana dai suoi affetti, bambina 'lasciata indietro' da una madre emigrata, ragazza che non può studiare come vorrebbe, donna che prende decisioni e procede di conquista in conquista su una strada di libertà.
Donna con il coraggio di cambiare idea e cercare nuove vie: rientra in Italia e poi torna in Germania, ma giudica in modo netto il mondo tedesco, il mondo della perfezione muta e sceglie il mondo chiassoso e brulicante di vita che più le appartiene. Rientra infine per far crescere il figlio in Italia, «Io non ti faccio crescere in Germania, figliuzzu beddu. Non ti faccio camminare tutta la vita in punta di piedi.» Cerca a lungo una sua dimensione e la trova in un lavoro di cura disprezzato. "Stare incollata al cuore concreto del vivere, tanto più importante per i corpi più fragili, inchiodati a un letto, sospesi sul confine invisibile fra la vita e la morte.."
Migrante per sempre è molto altro. È anche il modo di vivere la religione con figure ben diverse, da patri Callaruna il prete, che si è tenuto la terra della sua famiglia di latifondisti e spara ai passeri "di lu santu Francesco. E se non li acchiappa bestemmia" a don Alvise tra gli emigrati, ai seminaristi, ai preti operai.
È una attenzione alla lingua che procede dalle deliziose confusioni linguistiche della protagonista bambina al dialetto onnipresente al tedesco imparato per difendersi, modi di dire, parole magiche o che non si devono usare.
Sono i cambiamenti nelle abitudini di vita che avvengono insensibilmente nel tempo e a cui certo contribuiscono le conoscenze acquisite dagli emigrati rispetto ad altri modi di vivere, di relazionarsi tra i sessi. Il juke box che non dà più scandalo se invita a ballare, ma anche gli archi di pane di Pasqua, il pane dei poveri, che poi diventano clichès da vendere ai turisti.
Storia passata, recente, attuale, che scivola nel racconto anche con le canzoni, disegno della realtà italiana, delle sue regioni, attraverso pennellate, anche rapide ma incisive, che con amore ce la fanno assaporare e ri/conoscere.