"Quando sono arrivata in Europa ho scoperto, con grande dispiacere, che il mio paese nel mondo era quasi insignificante: nessuno dei miei coetanei sapeva bene dove si trovasse e, tanto meno, cosa fosse accaduto da quelle parti. Queste strane dimensioni del paese, e lo strano senso della misura che ne deriva, ha reso orgoglioso lo sguardo di noi uruguaiani. E anche se da sempre guardiamo all'Europa come alla culla della nostra cultura, con la conquista dell'indipendenza abbiamo sviluppato un certo campanilismo. Siamo addirittura convinti che da noi, le nuvole e le stelle siano diverse che in qualsiasi altro paese del mondo, e non certo perchè l'Uruguay si trovi nell'emisfero australe. Ma, per non mancare di modestia, aggiungiamo che il nostro paese non è più bello, ma semplicemente diverso" (p.11). Queste alcune delle righe che aprono il libro per ragazzi di Baladan, in cui si offre un assaggio del suo stile autoironico e disincantato, che ha il merito di raccontare una dittatura e i suoi terribili effetti sulle persone (non ultima l'emigrazione forzata) senza appesantire la lettura. Il libretto, corredato di immagini che ribadiscono la formazione di illustratrice di chi scrive, ha il merito di aprire una finestra su un paese poco noto, ma dalla storia recente piuttosto turbolenta. Il padre dell'io narrante, alter ego della scrittrice, è in carcere in quanto oppositore del regime e la famiglia è fatta oggetto di continue visite da parte dei militari. Tuttavia, grazie a una madre coraggiosa e alla solidarietà di amici e parenti, sarà possibile alla protagonista condurre una vita intensa e ricca di affetti, giochi, scoperte in cui l'ironia e lo sguardo talvolta beffardo spesso sdrammatizzano la tragedia. Il libro inizia dalla fine, con una voce narrante che afferma di parlare da emigrata e che racconta a ritroso la vita sua e della sua famiglia.