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Garam Masala

Editore: 
ObarraO
Luogo di edizione: 
Milano
Anno: 
2011
Traduttore: 
G. Lagomarsino

Recensione: 

Il titolo della raccolta di storie, inserite in una unica, ampia cornice, indica una miscela di spezie indiane, rappresentativa del testo sia in senso reale che metaforico.
Le vicende che il libro riunisce si snodano intorno al cibo e alla cucina e vedono differenti protagonisti indiani, sia in patria che in contesti di emigrazione.
La narrazione è brillante, ricca di ironia e autoironia e si snoda a partire da un gruppo di donne che si apprestano a cucinare per una veglia funebre (occasione mangereccia,che più volte si ripete nei racconti) e che tra le verdure e le spezie raccontano storie e vite indiane.
Tra i racconti più gustosi, quello di Babu che dagli Stati Uniti torna a casa in visita agli anziani genitori; il suo processo di occidentalizzazione viene beffardamente messo in crisi dalla madre, che cerca di riconquistarlo con il suo cibo: "cinque settimane erano lunghe. Lei avrebbe preparato un piatto, uno solo, per pranzo. Lui non se ne sarebbe reso conto, ma piano piano il suo corpo avrebbe ritrovato ogni sapore. 'Detestava il dolce di melassa perché non lo conosceva più. Se lo è ficcato in bocca proprio come faceva da piccolo'. Da sola in cucina Jamini scoppiò a ridere. Sì, ogni giorno un piatto di quelli che mangiava da bambino l'avrebbe riportato da lei. Trenta giorni, sessanta pasti, sarebbero bastati per riconquistare il suo affetto" (42). Il cibo è parte integrante della cultura e dell'esperienza di ciascuno e riscoprire sapori dimenticati rappresenta, in questo come in altri racconti, un modo per riappropriarsi di una parte dimenticata di se stessi.
Il medesimo significato attribuito al cibo spicca nel testo che vede protagonista Gita, una donna ormai anziana che vive in Inghilterra e che scopre la nostalgia per la sua terra cucinando con delle connazionali: "mentre cucinavano, mescolando nei grossi tegami con il karchis dal lungo manico, che avevano portato da casa, le tre donne discorrevano con voci sommesse. Talora si ascoltavano a vicenda e le parole svanivano, scivolando nelle pentole e confondendosi con il bhog che sobbolliva. Poco alla volta versavano l'intensa nostalgia della casa lontana con tazze dosate di acqua calda, gettavano la propria solitudine nel basmati profumato, spargevano il sale sui sogni dimenticati e sulle delusioni. Qualche lacrima si versò sui piselli, le carote e i fagioli, ma le patate mantennero una traccia dei comuni sorrisi. Poi affettarono la propria tristezza in fettine sottili, quasi invisibili e la mescolarono con la cannella, il cardamomo e i chiodi di garofano in polvere" (70).
Tra le tante accezioni attribuite al cibo, vi è anche quella che lo rende strumento di vendetta tra donne per questioni sentimentali, come nella storia di Soni o in quella di Nanni che rimpinza letteralmente il marito fino all'estremo.
Una raccolta che permette al lettore di affacciarsi a quello sconfinato ed eterogeneo mondo indiano ricorrendo a una chiave di lettura emblematica ed originale, condita con sapiente ironia.

Autore della recensione: 
Silvia Camilotti