Christiana de Caldas Brito dà voce, in questo romanzo forse più spiccatamente che in altri, alla sua doppia anima, di scrittrice e psicoterapeuta, in un percorso di progressiva scoperta del sé da parte del suo personaggio principale, Ecìla. Già dal nome, come dal titolo del romanzo, emerge una caratteristica tipica dello stile di de Caldas Brito, ossia l’approccio ludico ed esplorativo nei confronti della lingua italiana.
Citiamo dalla prefazione: "la direzione che il testo indica è la vita oltre ogni disfatta, una semiotica del vivente come labirinto dei respiri, punto di incontro tra universale e singolare.
Orfana di madre, Ebla cresce nell’entroterra somalo. L’anziano padre, astronomo e divinatore tradizionale, le insegna l’arte interdetta alle donne di leggere le stelle, i pianeti e i segni del cielo. Per sfuggire a un matrimonio combinato si ritroverà nella Mogadiscio degli anni Trenta, complice il poeta e camionista Gacaliye. Insieme metteranno su un piccolo e proficuo commercio e avranno due bambini, Kaahiye e Sagal. La storia di Ebla si intreccia con quella di Clara, sua figlia di latte, nata da genitori italiani residenti a Mogadiscio.
L’esordio letterario, in traduzione italiana, di Lea Ypi permette anche a chi non conosce la storia albanese degli ultimi 40 anni di averne un quadro che, nonostante il filtro della lente autobiografica, risulta estremamente chiaro. Uno di quei casi in cui un romanzo sintetizza la Storia a partire dalle storie di chi l’ha vissuta, facendolo in maniera onesta, senza timore di enunciarne le contraddizioni.
Le donne, e una in particolare, ritornano al centro dello sguardo di Ibrahimi, che offre ancora una volta al pubblico italiano la possibilità di guardare da una prospettiva altra sia il paese con cui abbiamo molta storia in comune, l’Albania, sia se stesso, attraverso lo sguardo della protagonista, Hera Merkuri.
L’ultimo romanzo di Adriàn Bravi si colloca nel segno dei precedenti, dimostrando, semmai ce ne fosse ancora bisogno, una maturità letteraria oramai compiuta. Riecheggiano alcuni dei suoi romanzi pregressi in una serie di scelte tematiche e formali: l’acqua nella forma del fiume (L’inondazione), l’elemento surreale (Il levitatore) la riflessione metalinguistica (L’idioma di Casilda Moreria ma anche, per uscire dal genere del romanzo, La gelosia delle lingue).
Riportiamo alcune delle parole della traduttrice, Anna Nadotti, che bene illustrano l'importanza della lettura di questo romanzo, che ritorna sui legami coloniali tra Italia e Etiopia e sul loro retaggio.
Dozzini ritorna su temi a lui cari, che intrecciano società italiana e parlano, necessariamente, anche di migrazioni, in un contesto di provincia.
Il viaggio di Nsaku Ne Vunda ha inizio nel 1583 in una notte di tempesta, nel piccolo villaggio di Boko, «una contrada di misteri e magia, dove i morti a volte si aggiravano tra i vivi in una promiscuità mistica che sfidava le leggi della ragione». Cresciuto nel rispetto degli antenati e delle tradizioni del suo popolo, studia alla scuola dei missionari nella capitale del regno del Congo, dove viene ordinato prete con il nome di don Antonio Manuel.
Africana è uno strumento per capire quanto l'Africa non vada coniugata al singolare, ma al plurale. Uno strumento di difesa contro gli stereotipi e contro tutte quelle visioni che ancora vogliono descrivere questo enorme continente, così vario al suo interno, come una lunga distesa di capanne. Africana aprirà le porte al lettore, sia a quelli che già sono appassionati delle letterature del continente sia a quelli completamente a digiuno, delle tante Afriche dentro l'Africa. Un continente moderno, giovane e creativo come pochi.