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Storia

La chiusura delle frontiere espone i migranti a rischi sempre maggiori

Rawda, che è morta sui binari mentre entrava in Trentino

Una gara di solidarietà per rimpatriare la salma

Sara Ballardini

Rawda Abdu è entrata nelle nostre vite quando la sua, purtroppo, era già conclusa. Prima, senza volto, eco di una notizia scritta brevemente sui giornali locali: una giovane profuga investita da un treno, di notte. Ci siamo immediatamente mossi in tanti, anche senza conoscerci, con un obiettivo comune: diamo un volto a questa giovane donna, troviamo il suo nome, cerchiamo la sua famiglia. Restituiamole quell’identità che un sistema migratorio discriminante e un incidente tragico le ha tolto. E ci siamo riusciti: la voce del padre, lontana, tremula, speranzoso di notizie dalla figlia, ci ha riportato viva la presenza di Rawda e della sua famiglia. Poco a poco la sua storia è tornata visibile anche ai nostri occhi: la partenza anni fa dall’Etiopia, salutando il figlio, i genitori, fratelli e sorelle; un periodo trascorso in Sudan, poi la Libia, e il viaggio in mare, verso le coste italiane. L’immagine più nitida che abbiamo di Rawda è proprio quella dello sbarco, gli occhi spalancati di fronte alla macchina fotografica. E poi il viaggio verso nord e la tragica notte in cui Rawda si è incamminata lungo i binari. In tante e tanti nella zona di Avio e in tutto il Trentino ci siamo commossi: la raccolta fondi per la spedizione della salma è stata decisamente più veloce del previsto, segnale di una comunità sensibile e solidale. Oggi, mentre le pratiche per il rimpatrio proseguono, e le donazioni continuano ad arrivare, è il momento di andare oltre la commozione, e dare voce a quell’indignazione che ci muove di fronte a queste situazioni: perché? Perché Rawda stava camminando sola lungo i binari? Perché e come il suo viaggio è stato interrotto a Borghetto? Perché non le è stato garantito l’accesso alle informazioni necessarie per chi intraprende un viaggio del genere? Quanti migranti stanno passando in questo momento sui nostri binari, nascosti? Chi può garantirne l’incolumità? Sono ormai evidenti le responsabilità di chi decide di chiudere le frontiere senza preoccuparsi di garantire informazioni, assistenza nelle emergenze, tempi ragionevoli di analisi delle domande d’asilo, accesso alle cure mediche … Chi sta cercando di portare la propria solidarietà ai migranti in transito nella nostra regione sa bene che più si chiudono le frontiere e più il viaggio diventa rischioso. Non è un caso che a pochi giorni dalla morte di Rawda anche Adel sia finito sotto un treno, a Bolzano, e poco dopo due persone siano state trovate morte su un treno merci poco oltre il confine con l’Austria. Non sono tragedie isolate, sono effetto di un sistema che obbliga tante persone a nascondersi, rendendole sempre più vulnerabili ed esposte a sfruttamento e tragedie. Un sistema a cui stiamo reagendo, con la solidarietà, con la denuncia. Un sistema che esige la creazione di alternative reali, se non vogliamo essere travolti da un pericoloso vortice di tragedie e violenza.