Quello che si narra non è un prodotto della fantasia e nemmeno una semplice indagine giornalistica. Óscar Martínez ha percorso da cima a fondo il tragitto dei migranti attraverso il Messico, per otto volte è salito sul tetto del treno, "la Bestia", insieme ai centroamericani che a migliaia viaggiano aggrappati lassù nella speranza di entrare negli Stati Uniti, dove sognano una vida mejor. Ha diviso con loro le notti all'addiaccio e le sigarette, le paure e le insidie del viaggio, nel corso del quale violenze, stupri e aggressioni sono pane quotidiano e la morte è in agguato a ogni tappa. Ha visitato le città governate dai narcos, dove si cammina a testa bassa, ha ascoltato i racconti delle giovani centroamericane costrette a prostituirsi in Chiapas e poi ha asciugato le loro lacrime. Ha incontrato poliziotti corrotti, banditi, preti coraggiosi, uomini e donne dal destino segnato. Nel raccontarci la sua esperienza in prima persona lungo il cammino dei migranti, Martínez ha popolato il suo reportage di un'umanità spesso oscura e ai margini, perfettamente autentica anche se sembra il frutto dell'abile penna di un romanziere. E il lettore si trova così catturato in questa odissea attraverso paesaggi desolati e ostili, battuti solo da avvoltoi, coyote, narcotrafficanti e migranti, per arrivare fino al "muro", l'ultima barriera che separa i centroamericani in fuga dal loro sogno americano.
Durante i suoi otto viaggi Óscar Martínez ha raccolto testimonianze, storie di abusi, di violenza e di crudeltà. Nel 2010 ha pubblicato i suoi articoli usciti per El Faro in un libro intitolato Los migrantes que no importan. Infine lo ha pubblicato in inglese, con un altro titolo The Beast, il nome del treno che molti migranti usano per attraversare il Messico, lo stesso usato anche per l'edizione italiana, La bestia.
"..questo libro prende in esame una delle più impressionanti manifestazioni di perseveranza e di impegno che esistano ai nostri tempi, quella dei migranti che, nonostante tutto, continuano a provarci. [...] E continueranno, perchè la paura di morire, l'esigenza di ricongiungersi con i propri figli, il bisogno di credere che ci sia qualcosa di più dell'ansia, della miseria e dell'abbandono sono più forti di qualsiasi muro, di qualsiasi fiume, di qualsiasi mafia, di qualsiasi crisi. Questa è la storia dei migranti che non contano, di quelli che già da molto tempo hanno smesso di contare."
pag XIV
PERCHÈ PARTONO?
Il Centro America è una regione che conosce appena la parola "pace". I bambini, gli adolescenti e gli adulti non hanno iniziato ad andarsene in questo ultimo anno, come potrebbe sembrare leggendo i titoli che parlano della crisi dei bambini migranti. I centroamericani se ne vanno da molto tempo, come possono. Molti di loro non emigrano, scappano, e continueranno a farlo. Gli Stati Uniti possono espellere migliaia di bambini, possono estradare alcuni coyote e giudicarli in una corte di New York con decine di giornalisti che filmano, annotano, registrano, possono disporre centinaia di migliaia di militari lungo la loro frontiera di 3.100 chilometri. Il Messico può cercare di mettere delle guardie armate che controllino i treni merci in modo che i migranti smettano di aggrapparcisi come clandestini per avvicinarsi agli Stati Uniti. I migranti centroamericani continueranno a emigrare. Il loro viaggio continua perchè le loro ragioni per emigrare rimangono valide.
pag. XII