Un'esperienza di cinema partecipativo
di Stefania Bortolotti
Welcome to Europe, Wasky, benvenuto in Italia!’ Dice Nana, mediatore culturale e musicista, a Wasky, richiedente asilo residente in Trentino. Nana vive in Italia da 9 anni, conosce molto bene l’Italia e la sua burocrazia e si districa con padronanza nella città di Trento. Nana da anni accompagna e sostiene amici e connazionali in questo processo chiamato “integrazione”. In Wasky ha trovato un alleato: quello che li accomuna è la musica, il rap, che permette di esprimere sé stessi e lanciare messaggi di unità e dignità per l’Africa, trovando in questo la forza per andare avanti.
Ibrahim Mohammad è il nome di passaporto, Wasky Doo il nome per gli amici. Lui porta nel cuore la sua terra: il Ghana. Vivere in Europa non è certo come se lo immaginava: “non avevo altra possibilità, ho vissuto in Libia per alcuni anni, dopo la fuga tra Burkina Faso e Niger”. A Tripoli lavorava, ma dopo la rivoluzione ha dovuto imbarcarsi verso l’Italia. È arrivato in Trentino nel 2015; dopo una prima accoglienza a Castel Fondo, ora vive in un alloggio ad Arco. La sua giornata trascorre tra corso di italiano, ricerca di tirocini, incontri con avvocato e burocrazie varie; vive con la speranza di regolarizzare i propri documenti e trovare un lavoro. Dando un’occhiata ai dati del Ministero dell’Interno, ci accorgiamo come il processo di richiesta di asilo sia davvero selettivo: nel febbraio 2017, il 58% delle richieste di asilo pervenute in Italia hanno avuto una risposta negativa con diniego. Un individuo, o a volte un’intera famiglia, investe sia denaro che anni di vita nel viaggio verso l’Europa, lotta per la regolarizzazione dei documenti, e poi la risposta è netta: “torna a casa tua” oppure vivi da clandestino. Wasky si chiede spesso “come posso vivere in Europa senza documenti? Non puoi lavorare, non puoi uscire dal Paese, vivi nella paura di essere controllato, non puoi aprire un conto in banca, non puoi chiedere una sim per telefonare”.
Ci chiediamo quale fine fa il 58% dei respinti dalla domanda di asilo. Di certo è difficile per noi immedesimarci in questa situazione, abbiamo un documento italiano che ci permette di comprare un biglietto e partire senza grandi problemi. Abbiamo chiesto a Wasky perché ha deciso di partecipare a questo progetto, ci ha risposto che per lui è stata una grande opportunità poter raccontare la sua storia ad un gruppo di persone che lo ascoltavano e per poter far conoscere la sua vita come rifugiato. Non solo è importante far conoscere questa realtà agli italiani che sono i nostri vicini, ma è altrettanto necessario far riflettere gli africani che vivono in Italia e chi è rimasto in Africa sulla reale vita da richiedente asilo in Europa. “L’Europa che ho trovato è diversa da quella che abbiamo visto e immaginato quando eravamo giù” dice Nana, “dopo tanti anni, ho saputo dare valore alla mia identità e ho capito le potenzialità che esistono nella mia Madre Terra”.
Il gruppo di regia di My Name is Wasky è formato da Nana e Wasky, entrambi ghanesi, Stefania, Elisa, Alessandro e Martino sono italiani e vivono a Trento per lavoro e studio: Elisa è sociologa lavora come insegnante di italiano con i richiedenti, Alessandro fa il servizio civile presso una cooperativa, Martino è ricercatore con una grande passione per la regia e Stefania è dottoranda e legata ai temi dello sviluppo dell’Africa. L’équipe sin dall’inizio ha lavorato con grande sintonia e coordinazione, Stefania racconta: “questa esperienza mi ha fatto comprendere l’importanza del gruppo, ascoltare è un'sperienza fondamentale della conoscenza, è faticoso, ma necessario.” Nana aggiunge: “questo gruppo ha fatto unire diversi mondi e ci ha portato a raggiungere un obiettivo comune: raccontare una storia, nonostante le diversità di culture e abitudini”, “la nostra volontà è quella di raccontare altre storie, oltrepassare barriere, ascoltare e imparare”.
La musica fa da sfondo al corto ed è interamente autoprodotta da Nana. Per Wasky, che canta rap da quando è piccolo, la musica “ è il modo che usiamo per parlare, raccontare, esprimerci, stare meglio, la musica è speciale e ci fa attivare … se vivi un momento di preoccupazione basta ascoltare una canzone e stai meglio, impari dalle parole e melodie degli altri”. È grazie alla musica che è nata l’unione tra Nana e Wasky che ha favorito la creazione del collettivo rap Ab3 P3 Show, composto da artisti della diaspora africana. Il rap per Nana “è ritrovare il senso del dialogo, entrare nel significato profondo delle parole ascoltare se stessi e gli altri è parlare e crescere con ritmo”. Le canzoni della colonna sonora del film sono “ Sincerly” che parla dell’importanza di assumere un ruolo e una posizione di protagonismo per l’Africa e lealtà verso la propria identità e “African Desease” che vuole ricordare che dentro ognuno di noi scorre il ritmo, e il nostro corpo e la nostra mente si muove seguendolo e creando vita. Il gruppo è impegnato durante questo semestre, con la proiezione del corto nelle scuole secondarie del territorio provinciale, che accompagna con testimonianze e racconti diretti dei protagonisti.
Visto l’apprezzamento da parte del pubblico e la grande motivazione della regia, ci auguriamo che l’idea di My Name is Wasky, continui prossimamente con altre serie…