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Adua

Autore: 
Editore: 
Giunti
Luogo di edizione: 
Firenze
Anno: 
2015


Recensione: 

Adua, ultimo romanzo di Igiaba Scego edito da Giunti, è una storia a due voci: quella di un padre, Zoppe, e quella di una figlia, Adua, che presta il nome al titolo. Entrambi nati a Mogadiscio, condividono con l’autrice le origini africane. L’incipit del romanzo vede la protagonista chiacchierare con l’elefantino dalle grandi orecchie di piazza Santa Maria sopra Minerva a Roma. La donna riporta alla memoria tutta una vita, con un continuo movimento che procede in avanti e torna indietro, riscrivendo vicende che, nel ricordo, ogni volta, assumono un significato diverso. Giovanissima, fugge da una Somalia schiacciata dal regime dittatoriale di Siad Barre e approda in Italia, dove diventa protagonista di un film erotico. Da questa traumatica esperienza scaturiscono una serie di sfortunati eventi che la riducono vittima del suo stesso corpo, umiliato e stuprato. Solamente nel finale del romanzo, per mezzo di una macchina da presa, Adua decide di «riprendersi», nel senso che diventa soggetto delle sue stesse riprese, con la speranza di modificare tanto la percezione che possiede di sé, quanto quella che gli altri hanno di lei. Zoppe condivide con la figlia la stessa sorte. Ormai vecchio, racconta della sua fuga dalla Somalia verso l’Italia. Approdato nel nuovo Stato, avrebbe voluto fare il traduttore, ma finisce vittima della violenza razzista. Tramite lui, l’autrice racconta una fra le pagine più oscure del colonialismo italiano. Zoppe, infatti, possiede una sorta di qualità mediatica: prevede il futuro. Si tratta di profezie post-eventum, che annunciano fatti storici già accaduti nella realtà in cui si trova ad essere il lettore, ma descritti come avvenimenti che ancora devono verificarsi nel romanzo. Costretto a barattare la propria libertà con quella del suo popolo, il lettore si troverà di fronte un uomo che soccombe al proprio destino. Se per Adua l’autrice sceglie un finale aperto, per Zoppe non c’è nessuna via d’uscita. La materia narrata fa leva su una lingua in continua ebollizione, ricca di espressioni gergali, scagliate come pietre sulla pagina. Una lingua multitasking e in between, così come la definisce l’autrice. La chiave di lettura è racchiusa nel titolo: Adua, come la prima vittoria africana contro l’imperialismo. Padre e figlia si configurano come allegorie di uno stesso evento storico, che, alla fine, è il vero e unico protagonista. Zoppe vive in prima persona la devastazione della terra somala, Adua eredita le macerie della guerra.

Scego porta sulla pagina il passato coloniale con il quale l’Italia sembra ancora oggi non aver davvero iniziato a fare i conti. Quel passato, però, bussa alle nostre porte attraverso le centinaia di migranti che, ogni giorno, dall’Africa, approdano sulle coste italiane. Nel suo eccesso e nella sua crudezza espressiva, il romanzo racconta la nostra storia coloniale come uno scandalo, come un gigantesco stupro dei corpi e delle menti delle popolazioni conquistate. Quella di Adua è una prosa che aggredisce la realtà, che diventa strumento di visione e di protesta politica. Avversando tanti luoghi comuni, la scrittrice italo-somala lancia una sfida al lettore italiano: propone una narrazione scomoda, dura e tuttavia salutare, perché per capire il presente bisogna partire dal passato.

Autore della recensione: 
Floriana Ciccaglioni