Fabrizio Gatti ha iniziato molto tempo fa un viaggio che lo angoscia, ma che deve fare. Da quando in Svizzera è diventato il signor Agron Ndreci, profugo kosovaro, non ha più alternative. Deve farlo fino in fondo. “Fino in fondo al Sahara. Fin dall'altra parte del Mediterraneo.” “Cercavo il perchè migliaia di uomini e donne si imbarcano su rottami destinati ad affondare”.
Mosso dal desiderio di capire di persona e di riferire ai suoi lettori quanto ha visto con i suoi occhi, Fabrizio Gatti lascia la sua casa tranquilla ed i suoi affetti per ripercorrere le vie della migrazione, anche mettendo a rischio la sua incolumità. In questo libro seguiamo con lui un tragitto classico degli africani che cercano di migrare verso l'Europa e non hanno denaro a sufficienza per entrarvi in aereo con un visto turistico. Dal Senegal al Mali al Burkina Faso al deserto del Ténéré in Niger, su camion straripanti di umanità e masserizie, in balia di profittatori, criminali e militari violenti, una dolorosa via crucis in cui molti si arenano sfiniti dalle difficoltà, 'stranded' e molti altri muoiono.
Gatti si ferma al confine con la Libia, non ha il permesso di entrare, vede solo gli effetti sulle persone degli accordi italo-libici e strani movimenti di al qaedisti alla frontiera. Riprende la rotta dei migranti sulle coste del Mediterraneo, dalla Tunisia dove si imbarcano, al centro di Lampedusa dove si fa rinchiudere fingendosi curdo, ai lavori degli immigrati ridotti in schiavitù nelle fertili campagne pugliesi.
Il giornalista aggiorna il suo diario e ce lo sottopone, ma l'uomo viene sopraffatto da quanto vede o percepisce, soprattutto dalla propria impotenza o dalla consapevolezza che è il proprio governo a determinare spesso in modo diretto tanta sofferenza. “Non sono più io a fare questo viaggio. É il viaggio, nella sua crudeltà infinita, a plasmare me.”
Ne sentiamo il peso anche noi che ci limitiamo a leggere e che non abbiamo guardato in faccia le persone che Gatti ha incontrato e con cui ha cercato di restare in rapporto, soffrendo con loro la morte di un fratello, i pretestuosi blocchi burocratici, le torture, la dolorosa necessità di tornare alla casella di partenza, un campo profughi. No, non è un libro facile da leggere, ma va letto perché l'Italia ha inventato il reato di clandestinità, si è riempita di gabbie dove trattiene per tempi lunghissimi le persone in condizioni che ai cittadini non è consentito verificare. “La più grande deportazione che coinvolge l'Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il tradimento degli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità.” Un'Italia che più di una volta ha respinto in Libia persone di cui non si è curata di controllare se avevano o no diritto di asilo: “Mai, dalla fine della Seconda guerra mondiale, l'Italia aveva commesso violazioni tanto gravi del diritto internazionale”.
Un terribile vulnus al diritto e alla democrazia, oltreché all'umanità, che ci riguarda tutti come cittadini, indipendentemente da quello che pensiamo e da come vorremmo fosse gestito il fenomeno immigrazione.
Il libro sottolinea un altro aspetto, quando racconta come vivono gli schiavi stranieri che lavorano in Puglia e qui di nuovo ci chiama in causa: “Questi campi che producono alimenti per l'Unione europea sono come i camion che attraversano il Sahara.” Con la differenza però che questi fatti avvengono dentro casa, sono sotto gli occhi di tutti e sulle tavole di tutti arrivano arance e pomodoro. Una situazione talmente grave da attirare più volte l'attenzione di Medici senza frontiere che, per le condizioni degli immigrati, ha istituito una Missione Italia come se questa parte della ricca Europa fosse zona di guerra.
Gatti continua a seguire i percorsi dei migranti - è della primavera 2011 il servizio sulla nuova rotta che dopo gli accordi Italia-Libia ha spostato ad est, attraverso la Turchia e la Grecia, i tentativi di ingresso dei migranti africani in Europa - chiede attenzione, continua, instancabile. Ricorda che la nostra Costituzione è fondata sul lavoro, non sulla guerra. Allora perché sempre cerimonie davanti alle tombe del Milite ignoto, perché non fare anche, in Italia e nelle città europee, una tomba simbolica per il migrante ignoto morto alla ricerca di un lavoro? “Giusto per non dimenticare mai”.
Nel libro si cita il rapporto di Medici senza frontiere “I frutti dell'ipocrisia. Storie di chi l’agricoltura la fa. Di nascosto ” del 2005. Si vedano anche le altre iniziative, inchieste e denunce di MFS-Missione Italia: http://www.medicisenzafrontiere.it/cosafacciamo/dettaglio_missione.asp?i...
Questi gli altri rapporti pubblicati da MSF che ci interpellano in prima persona:
Al di là del muro. Viaggio nei centri per migranti in Italia (2010)
Una Stagione all'Inferno. Rapporto di MSF sulle condizioni di salute, vita e lavoro degli stranieri impiegati in agricoltura nelle regioni del Sud Italia.(2007)
Oltre la frontiera. Barriere al riconoscimento del diritto d'asilo. (2006)
Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza. Anatomia di un fallimento. (2005)