Andreea Pavăl vive in Romania con la madre e la sorella. Il padre, invece, è emigrato a Torino per lavoro. Questa distanza riempie la vita delle tre donne, le cui giornate trascorrono al ritmo dell’assenza, dei messaggi da inviare, delle telefonate da fare, delle parole che si devono dire per mantenere il legame. Intanto a Andreea l’Italia arriva attraverso piccole istantanee, come una pubblicità: i programmi televisivi, i giocattoli, i pacchi che spedisce il padre.
Leggendo l’ultimo romanzo di Elvira Mujčić il primo aggettivo che salta alla mente è "profetico", nel senso che racconta delle tensioni che esplodono in un piccolo paese del Kosovo in cui si acuisce lo scontro tra serbi e albanesi, anticipando esattamente la cronaca di queste settimane (maggio e giugno 2023) in cui centinaia di manifestanti hanno chiesto di rimuovere dalle cariche di sindaco i funzionari albanesi eletti con il massiccio boicottaggio dei cittadini serbi alle elezioni amministrative dello scorso aprile.
Scego ritorna, con questo corposo romanzo, al memoir, riprendendo alcuni dei temi de La mia casa è dove sono, approfondendoli e rendendo più lucido, a se stessa e a chi legge, cosa significhi essere figli della diaspora, vivere vite sospese e precarie, sentire la nostalgia struggente di un paese amato ma dimenticato dalla comunità internazionale e insanguinato da una guerra pluridecennale.
Igiaba Scego mescola la lingua italiana con le sonorità di quella somala per intessere queste pagine che sono al tempo stesso una lettera a una giovane nipote, un resoconto storico, una genealogia familiare, un laboratorio alchemico. Come una moderna Cassandra, Igiaba Scego depone l’amarezza per le ingiustizie perpetrate e le grida di dolore inascoltate e sceglie di fare della propria vista appannata una lente benevola sul mondo, scrivendo un libro sul nostro passato e il nostro presente, che celebra la fratellanza, la possibilità del perdono, della cura e della pace.
“Vivo per questo” è un viaggio in una Babele metropolitana di colori, culture, suoni e voci. E' la storia di un bambino e di una famiglia sempre in bilico sull'orlo della legalità. Una storia che parte veloce su una tavola da skate, correndo sui marciapiedi di Tor Pignattara inseguita da negozianti inferociti, con Roberto detto Kyashan e Napoleone, amici inseparabili. Una storia che segue le movenze irresistibili della breakdance con Crash Kid, amico e mito scomparso troppo presto.
Rileggendo in chiave rap elementi di poetica, Amir Issa fa scoprire ai ragazzi che le canzoni che ascoltano dal cellulare sono anche il risultato di un esercizio linguistico. Educazione rap, oltre a essere il racconto delle esperienze peculiari vissute da Amir nelle scuole e università, è anche uno strumento per un percorso che mette al centro gli studenti e la parola, le emozioni e la lingua, la vita e l’esercizio.
Non è semplice trovare le parole adatte per descrivere i rapporti tra italiani e stranieri. Così come non è semplice individuare il senso stesso della parola “straniero”, quando quel senso vive dentro confini che la legge e la cultura di adozione non reputano mai propri fino in fondo. “Razzismo” è una parola fraintesa, abusata, rifiutata. Suscita immaginari che nella società italiana sono difficili da guardare. La negazione è dietro l’angolo, la soluzione sfugge.
Marco Balzano ritorna, dopo la felice parentesi di Resto qui, a uno dei temi cui ha dedicato la gran parte dei suoi testi: la migrazione. In questo specifico caso la prospettiva non guarda alle migrazioni interne, bensì allarga a una dimensione internazionale che coinvolge Italia e Romania, con un approccio che trova un giusto equilibrio tra dimensione introspettiva e fattuale.
Una storia di riscatto, solidarietà e tenacia. Ahmed Malis, un ragazzo di origine egiziana, figlio di genitori immigrati a Milano negli anni Ottanta, ama disegnare ed è un vero prodigio autodidatta. La sua famiglia, però, non ha abbastanza disponibilità economica per mandarlo all’Accademia d’arte e sogna per lui un futuro solido, non certo da artista. Ahmed frequenta insieme ai suoi fratelli il centro di aggregazione giovanile CDE Creta, molto attivo nel quartiere milanese del Giambellino.
Vite di ragazzi che hanno lasciato o stanno per lasciare il paese di origine guidati da una speranza cieca e tenace sono quelle raccolte in questo libro, esordio di Angela Tognolini che invita i lettori a riconoscere in quelle parole i volti che incontrano quotidianamente per strada o in televisione e a dare loro una vita, una storia, una dignità.
“Da dove vieni?” È questa la domanda che un insegnante pone ai suoi studenti. La classe è composta per metà da bambini stranieri, alcuni dei quali arrivati da poco in Italia. Il quesito, solo apparentemente banale, impegna tutti in un’appassionante ricerca su se stessi, una vera e propria investigazione sulle proprie origini, sulla propria leggenda familiare.