Come preannuncia già il titolo, è un lungo discorso, sotto forma di lettera ad un amico e alla fine al figlio mulatto, sulla situazione di un immigrato africano in Italia, sul colonialismo ed il razzismo, sui motivi per cui è partito e ora costretto a restare in un paese che non lo vede come persona.
Questa è la storia di una delle tante donne che per ragioni quali necessità, disperazione, fuga dalla violenza, desiderio di aiutare la famiglia sono partite verso l'Italia lasciando i loro figli a casa, in uno dei paesi dell'Est Europa.
È la storia del tentativo di piantare le proprie radici in una nuova terra, a volte dura e ostile, ma anche della tenacia e della nostalgia, che si struttura a partire dalla forma epistolare.
Questo testo, scritto con Matteo Sanfilippo, si distingue da altri analoghi per lo sguardo storico particolarmente ampio che presta al tema delle migrazioni in relazione all'Italia.
Per la sua stessa natura geografica l'Italia è sempre stata terra di passaggio e crocevia di popoli, divisa tra zone rurali e centri urbani importanti, montagne isolate e fertili pianure: facile leggerne la storia da questo particolare punto di vista.
Il Centro Astalli raccoglie nuovamente le storie di persone che hanno rischiato la vita per raggiungere l'Italia e che hanno trovato occasione e coraggio di raccontarsi grazie all'iniziativa dell' associazione storica che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo. Un testo che permette a chi legge di capire cosa queste persone si sono lasciate alle spalle e perchè, che cosa hanno subito nel loro viaggio e infine quale tipo di accoglienza hanno ricevuto. Ciascuna testimonianza è introdotta da uno scrittore italiano.
È l'edizione annuale dei testi che hanno partecipato al concorso Lingua Madre, a cura di Daniela Finocchi, con racconti di donne italiane che guardano alla migrazione per capire meglio se stesse e racconti di immigrate che a volte sono o diventeranno note per i loro scritti. Tra i molti temi affrontati: la possibilità di comunicare al di là delle barriere linguistiche, con il linguaggio dell'affetto e del corpo, la "doppia assenza", la sofferenza nel sentirsi sempre estranei, il ricordo nostalgico della casa dell'infanzia, il desiderio di appartenenza e il grido dei fi
Nei sei racconti di questo libro (di cui uno, «La coccinella di Omero» già apparso in «Mondopentola») Božidar Stanišić disegna l'esistenza con la profondità della poesia e il dettaglio del pittore, con una comprensione dovuta anche a quel suo vivere costantemente nell'«intertempo», strappato dal «per sempre» della sua casa della sua patria della sua lingua, con la sensazione di essere straniero che ti accompagna nella vita, «così come l'ombra segue tutti gli esseri viventi».
Testo semplice da leggere, lineare, prende il suo titolo dal nome stesso dell'autrice: Lanbo significa infatti "ondata di orchidee", e anche i suoi fratelli hanno avuto nomi la cui base è la parola orchidea.
Qui sono solo alcuni 'petali', alcuni elementi di una autobiografia che ci racconta come sia arrivata a Roma una giovane cinese.
Questo romanzo di Mujčić aggiunge un tassello importante a quella che, per praticità, chiamiamo la letteratura della migrazione in lingua italiana, in quanto focalizza l’attenzione, come appare evidente dal sottotitolo, sul significato che ha per chi emigra la perdita del proprio paese e di tutto ciò che questo implica, ossia “radici e parole”.
Questo testo interamente fatto a mano è il frutto di un laboratorio artigianale che crea una riflessione personale e collettiva sulla migrazione.
Attraverso il tema comune dell'albero vengono raccontate diciassette storie diverse, vite di migranti di tutte le parti del mondo raccolte, elaborate e trasmesse con immagini preziose, a parole e con il disegno.
L'albero del dubbio che cresciuto e fattosi grande viene scosso dal desiderio di camminare e una parte di lui inaridisce:
"Solo molti anni più tardi
capì che vivere significa
perdersi per ritrovarsi."
In questo prezioso libretto serigrafato, fatto a mano e ad edizione limitata, si citano da "La tempesta" di Shakespeare versi che possano consolare le storie appena accennate con poche parole e preziose immagini : "ma nulla di lui va disperso".
Non si perdono le lacrime delle madri che salutano i figli ancora piccoli che partono col padre, le sofferenze nel carcere e la morte nel deserto, la paura che fa pregare anche i non credenti nell'affrontare l'ignoto e il mare.
"Erano come due notti: la notte e il mare nero come la notte che ci viene addosso."