Tu sei qui

Bon voyage

Editore: 
Nuova Dimensione
Luogo di edizione: 
Portogruaro (VE)
Anno: 
2003
Traduttore: 
A. Parmeggiani

Recensione: 

Sono due racconti, di cui diamo solo un'indicazione sintetica, nell'impossibilità di rendere il profumo di questo scritto. Ne vanno assaporati lentamente i pensieri e gli accenni, la complessità dei rimandi, i ricordi che affiorano, le autoironie, i paesaggi, l'odore e lo scintillio della neve.Il primo, che dà il titolo al libro, è una conversazione a più voci tra diverse persone che si incontrano in “uno di quei treni che vanno da Ovest a Est e da Est a Ovest”. Provocati dalla richiesta di compilare un questionario, i viaggiatori si impegnano in un dialogo sulle loro aspettative, sul modo di vedere il mondo, sul ruolo che l'individuo ha nella storia e nei rapporti con il potere. La particolare macchina da presa dello scrittore si sofferma anche sulle vicende personali del 'viaggiatore' e della donna incontrata in treno, sull'incontro delle loro solitudini.E nel PostScriptum l'autore, che sempre chiama la sua “poesia-non-poesia”, i suoi scritti “qualcosa-come-un-racconto”, puntualizza: “In questo racconto (“se davvero lo è? Se sì allora non è solo mio: ci sono idee, sentimenti e stati d'animo di molte persone di diversi meridiani, in un treno che, malgrado tutto, avrei voluto io stesso sperimentare come treno di vita e di speranza ) ...elencando gli autori citati e alle cui riflessioni si sente debitore.Il giardino australiano di Mr Virgin O'Brien racconta il tentativo di un designer, fuggito dalla guerra in Bosnia, di gettarsi alle spalle il passato, di dimenticare creandosi una nuova identità, assumendo perfino un nome diverso. Ma quando sembra aver perseguito il suo scopo e ottenuto consenso e successo nel nuovo ambiente, il passato irrompe con prepotenza nella sua mente.Tutto, anche le osservazioni a volo sulla pubblicità, è una riflessione sul senso dell'esistenza e della vita umana.“Diavolo di uno Stanišić - scrive Rumiz nella sua prefazione – extracomunitario, figlio della Bosnia maledetta e per giunta serbo. Chi è per giudicarci, o – peggio ancora – per compatirci? E invece rieccolo, in questi due racconti lunghi, entrare nel nostro mondo e sbirciare il nostro spaesamento, la nostra ignoranza, il nostra nulla. Sempre con quello sguardo mite e allusivo, sperduto e autoironico, caustico e al tempo stesso carico di umana pietas, assolutamente bosniaco...Uno sguardo che ci è “dannatamente prezioso.”

Autore della recensione: 
Maria Rosa Mura