Una raccolta di poesie attraversata da un filo rosso ben distinguibile, al punto che pare di leggere una vera e propria storia, una narrazione. Lo spunto, drammatico, è, come la stessa autrice dichiara nella postfazione e come si nota dalla dedica, la vile uccisione di Giulio Regeni. A parlare sono i tanti Giulio, le tante persone che vedono in faccia la morte in circostanze drammatiche. Forse perché condizionata dalle continue emergenze, coglievo in queste righe le voci soppresse dei molti che tentano la sorte altrove, espressa da una potente prima persona: “qui sono venuto a cercare la vita” (p.11), “ho camminato più di quanto è consentito”, un io che sente la nostalgia di casa, quella casa a cui le rondini possono fare ritorno (p.18). Un io che è noi, “un altro fratello che soffre accanto a me” (p.21), un noi fatto di “goccioline d’acqua” (p. 41) che “salpano con le nuvole / verso nord” (ibid.). Ma la durezza e la concretezza tangibile del dolore, espressa da parole fortemente connotate, oggi più che mai (muro, confini), vedono un contrappeso che solleva, alleggerisce, rilancia verso l’alto: “libero/ di varcare le soglie”(p.30), “volo con le ali” (ibid.) “vado leggero/ sulle strade di notte” (p.37). Un inno alla libertà, alla bellezza, in nome della quale si chiude questa raccolta-narrazione dai toni tanto forti e nitidi quanto leggiadri e armoniosi.