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Il cammino della speranza. L'emigrazione clandestina degli italiani nel secondo dopoguerra.

Editore: 
Einaudi
Luogo di edizione: 
Torino
Anno: 
2009

Recensione: 

Il testo racconta l'emigrazione oltreoceano, in Germania, nel Belgio, in Svizzera e Lussemburgo, si dilunga sull'emigrazione verso la Francia.
I politici italiani non escono bene da questa analisi: favoriscono l'emigrazione italiana del secondo dopoguerra per evitare contrasti sociali e una virata a sinistra della nazione. Contro la richiesta ed il consiglio degli stessi americani di impegnarsi a risolvere i problemi sociali per evitare questo pericolo e questa deriva. Non dimostrano nemmeno grande sollecitudine nei confronti degli emigrati: mettono ad esempio la sordina alle proteste dell'Azione Cattolica e della Società Umanitaria sulla difficile situazione dei minatori in Belgio e solo dopo la tragedia di Marcinelle sospendono gli ingaggi nelle miniere belghe; rinunciano all'azione congiunta con la Germania ed altri paesi europei contro la Francia che arruola a forza nella Legione straniera emigrati clandestini, anche minorenni.
Molte pagine sono proprio dedicate ai rapporti con la Francia.
Sostanzialmente falliti gli accordi ufficiali tra le due nazioni, i francesi favoriscono l'immigrazione illegale ampiamente voluta dagl imprenditori che vi trovano vantaggi economici enormi e possono trattare i dipendenti come servi della gleba. A volte in senso letterale quando l'immigrato è legato al contratto ed al tipo di lavoro. Gli immigrati sono necessari al governo stesso per mancanza di manodopera specie per le miniere e l'agricoltura, sono richiesti per motivi demografici, di ripopolamento della nazione con 'etnie' più affini, l'altro grande serbatoio dell'immigrazione - il nord Africa- essendo visto con sospetto.
Se i governanti e giù giù fino alle autorità locali ed ai gendarmi sostanzialmente favoriscono l'immigrazione clandestina, la differente legislazione, le differenti vedute tra un ministero e l'altro, gli impegni ufficiali con l'Italia, le circolari contradditorie emesse a seconda delle diverse congiunture economiche, provocano degli atteggiamenti schizofrenici nei cui ingranaggi restano stritolate non poche vite.
E già di per sé il tentativo di entrare clandestinamente in Francia sottopone gli emigrati italiani, le loro donne e i loro bambini a pesantissimi rischi per la loro incolumità e per la vita stessa. Si tratta infatti spesso di superare i valichi alpini senza attrezzatura, senza conoscenza della montagna e delle difficoltà che presenta, malnutriti, malequipaggiati, con carichi pesanti.
Poco nota la pagina di storia che ha coinvolto migliaia di italiani, prigionieri di guerra e immigrati clandestini praticamente costretti ad arruolarsi nella Legione straniera. Molti di loro morti per difendere la collina di Dien Bien Phu, 1.300 il totale dei morti tra i legionari italiani in questa guerra, su una presenza in Indocina che si aggira sulle 5.000 unità, mentre ancora durante la guerra d'Algeria la Legione affiggeva in tutto il meridione i suoi manifesti di leva o trovava legionari tra chi voleva fuggire la durezza del lavoro in miniera.
Triste scelta, se di scelta si può parlare e tristemente simile a quella di tutte le migrazioni la sequela di pregiudizi e di attacchi violenti, lo sfruttamento, gli alloggi inadeguati (a volte le baracche dei campi di concentramento), la difficoltà di inviare le rimesse, di farsi raggiungere dalle famiglie. Con in più alcune umiliazioni legate alla storia immediatamente precedente: a volte di essere agli ordini di prigionieri di guerra tedeschi o di subire l'ostilità dei francesi per l'aggressione italiana del 1940.
La politica migratoria della Svizzera raggiunge l'abisso della disumanità: tra 10 e 15.000 i bambini che hanno vissuto nascosti perchè la politica svizzera non ammetteva i ricongiungimenti. Chiusi negli appartamenti, senza scuola e senza contatti. Immigrati rimpatriati al primo accenno di crisi, nel caso quella del 1973.
Braccia a buon mercato, ricattabili, da schiavizzare, questo sono gli immigrati clandestini. A renderli tali non una colpa, un crimine, ma una legge. Umana?

Autore della recensione: 
Maria Rosa Mura