"Non ho nessuna difficoltà a confessare che provengo da una famiglia di uomini calvi e onesti, che hanno sempre cercato, nel bene o nel male, ma sempre con audacia e coraggio, di sistemare la propria persona con dignità ed eleganza, nell’intento di porre rimedio a una semplice alopecia androgenetica. Niente di che, tutti gli uomini di questo mondo portano un pelato nascosto dentro di sé. Bisogna prendersi le proprie responsabilità, ogni calvo sa di che cosa sto parlando. Quindi sono orgoglioso di appartenere a una famiglia di uomini riportati che non sono mai caduti in quel tranello irresponsabile, consuetudine della nostra imprudente contemporaneità, di raparsi la testa per mascherare la propria sana e inesorabile calvizie. Quanta vergogna ci riserva questo nuovo secolo! Come non vedere la decadenza della società nel passaggio dal riporto alla rasatura? [Il riporto, p.13]"
Il riporto che il Prof. Arduino Gherarducci ogni giorno meticolosamente impalca sulla propria calvizie è (similmente a quel che era accaduto con La pelusa) molto di più che un modo di acconciarsi i capelli, investito di un significato simbolico e metaforico che lo trascende. Diviene quindi un vessillo familiare, specchio dell’onestà, del coraggio e dell’eleganza dei Gherarducci, ma soprattutto una scelta etica da affermare con audacia di fronte alla decadenza di questo nostro mondo, che per nascondere insignificanti difetti ricorre ad ogni sorta di stratagemma e falsità: "Nessuno si allarma se vede una bionda finta con la ricrescita nera, o una con le labbra siliconate, eppure ci si scandalizza per un riporto… Io non mi rado a zero, non mi piace assoggettarmi alla moda, li tiro avanti con cura… Insomma, chiedo pietà alla natura senza nascondere niente, tutto qua" [p. 48].
Arduino, infatti, "camuffa la propria mancanza con le proprie risorse", secondo il motto della sua famiglia: ma, a differenza di suo padre, che si riportava i capelli nel "modo classico o standard", lasciandosi crescere a dismisura solo una ciocca che poi adagiava sulla testa; o di suo nonno, che in modo più sofisticato intersecava due ciocche ugualmente lunghe, lui aveva scelto "l’acconciatura imperiale alla Giulio Cesare […]: lasciarsi crescere i capelli sulla nuca per poi riportarli a tempo debito sul davanti". La meticolosità con la quale Arduino elenca i vari tipi di riporto e divide le famiglie di Recanati a seconda del modo di nascondere l’"alopecia" (calvi incuranti, calvi vergognosi col cappello, col parrucchino, trapiantati, fino alla specie più volgare, i calvi rasati) è davvero esilarante, per l’ironia corrosiva e surreale che Bravi insinua sotto le parole dei suoi personaggi, e che colpisce innanzi tutto proprio Arduino. Che in un attimo, con un gesto, si trasforma dall’orgoglioso alfiere della "sanità" del suo riporto, ad un uomo in fuga dal mondo. Perché "ci sono esperienze che ti segnano e non sai più come liberartene": e lui non potrà mai dimenticare il suo tesista argentino che si alza silenziosamente, durante la lezione sulle marche tipografiche del ‘500, e con un gesto "quasi elegante", in mezzo all’aula piena, gli sposta il riporto all’indietro scoperchiandogli la testa.
La vita di Arduino, che già prima sembrava gravitare essenzialmente sul modo di acconciarsi i capelli e sul nesso tra calvizie ed eticità, non potrà più essere la stessa, perché in ogni persona, in qualsiasi passante, egli vedrà solo "un possibile spettinatore", potenziale violatore della sua intimità. Ma è proprio il gesto che mette a nudo a rivelare la vera essenza delle cose, a portare alla luce ciò che realmente si nasconde dietro un’ossessione, un’idea fissa: e questo è il vero nodo profondo ed umano su cui riflette Bravi, seppur con quel tono leggero e canzonatorio (ma piacevolissimo) delle sue pagine, che sembra quasi far da controcanto ironico alla densità del tema affrontato. Non è un caso, infatti, che l’unico oggetto che Arduino porterà con sé nella fuga dal mondo sia l’Ethica di Spinoza, come se la perdita di riferimenti all’interno del suo io (che si identificava totalmente nella perfezione del suo riporto) dovesse essere bilanciata da qualcosa che ricompatti la sua dimensione etico-spirituale, e che egli cercherà in una grotta sperduta sui monti di Cingoli.
Ma anche qui non troverà pace: e (ironia della sorte e di Bravi!) proprio il riporto che aveva generato la catastrofe nella vita di Arduino, si risemantizzerà nuovamente, per la terza volta, per assumere addirittura poteri taumaturgici. Arduino diverrà così "il calvomante" della montagna, tra schiere di pellegrini e malati di ogni dove a cui non riesce a sottrarsi, nonostante agogni solo silenzio e solitudine. La fuga sembra, allora, di nuovo, l’unica soluzione possibile… Ma questa volta, nello zaino, le copie dell’Ethica di Spinoza saranno due: peso gravoso ma evidentemente necessario a bilanciare la testa linda e rasata, liscia come quella di una foca, del nuovo Arduino Gherarducci.