Tu sei qui

La patria delle visioni celesti e altri racconti del deserto

Editore: 
e/o
Luogo di edizione: 
Roma
Anno: 
2007
Traduttore: 
M. Avino e I. Camera d'Afflitto

Presentazione: 

I racconti dello scrittore di origine libiche riescono a riprodurre quasi visivamente le atmosfere del deserto, i colori, le abitudini e non ultime le difficoltà dei popoli che lì vivono e che spesso lo combattono. La Libia, terra da cui l'autore è emigrato ma dove spesso fa ritorno, fa da sfondo ai racconti, sia da un punto di vista geografico che storico, visti i rapporti coloniali con l'Italia a cui in alcuni racconti si fa riferimento.

Pagine di...: 

Colonialismo italiano
Due sono i racconti in cui si parla esplicitamente della lotta contro gli invasori italiani:

«Una grande oasi in festa», pag.197 - 215
«Il martire», pag.217 - 232
"Aveva deciso di passare per il villaggio così da dare un ultimo saluto alla sua famiglia, composta dai suoi genitori, dalla moglie e dai tre figli.
I compagni avevano tentato di convincerlo che era tutto inutile, ma lui aveva insistito. «Devo assolutamente vederli» aveva detto, «anche solo da lontano. Questa potrebbe essere l'ultima volta». Poi aveva preso il suo sacco e si era dileguato nell'immensa piana solitaria. [...]
Giunto in vista del villaggio, si era reso conto che anch'esso era circondato dal filo spinato e presidiato dai soldati di Graziani, armati di fucili. Aveva provato una fitta al cuore. Assalito dalla disperazione, aveva fatto dietro front, riguadagnando in fretta il deserto per dirigersi alla volta del confine, là dove c'era il filo spinato.
In quegli anni il filo spinato, così come le forche, era stato piantato ovunque." pag. 199

Qua e là, in racconti che parlano d'altro, riappaiono questi tratti di storia:
pag. 92, pag. 245

«Per mezzo secolo aveva vissuto da solo nel deserto, spostandosi da un wadi all'altro, da un cespuglio a un altro, da una distesa a un'altra e da un miraggio a un altro. Pascolava le pecore in cambio di una capra all'anno, mangiava i tartufi del deserto e si nutriva di erbe selvatiche o impastava la farina che gli dava la moglie del padrone del gregge, quando era soddisfatta del suo lavoro, e che egli poi cuoceva seppellendola sotto la sabbia. E cantava. Era veramente appassionato del canto, forse perchè non aveva conosciuto il dominio dei francesi o degli italiani, e non aveva mai sentito parlare di Graziani o di Hitler; oppure cantava soltanto perchè era felice e contento.»
«Dove vai beduino, dove?», pag.139