Tu sei qui

Memorie di una principessa etiope

Editore: 
Neri Pozza
Luogo di edizione: 
Vicenza
Anno: 
2005

Recensione: 

Si tratta di memorie che la voce narrante, Martha Nasibù, ha ricostruito scavando nel suo passato, sostenuta in questo dallo stesso Del Boca. La prima parte del romanzo è dedicata alla figura del padre e agli avvenimenti precedenti l’invasione italiana del 1935. La seconda parte invece descrive l’esilio di otto anni (dal 1936 al 1944) a cui sono costretti Martha, la madre (rimasta vedova) e i quattro fratelli. Il padre, il degiac (tenente) Nasibù, alto esponente dell’aristocrazia formatosi alla scuola militare francese e a quella diplomatica eritrea, dove era stato console, in Etiopia era stato direttore del Ministero della Guerra. I suoi figli crescono in una spettacolare dimora al centro di Addis Abeba, che Martha descrive in ogni particolare. Una dimora su due piani con una dozzina di camere, tutte arredate con sontuosi mobili acquistati nei viaggi in Europa, e porcellane, cristalli, arazzi, una sala dei banchetti che poteva ospitare fino a 300 commensali, un giardino di 50000 metri quadrati con piante provenienti da ovunque. Si tratta di un microcosmo con decine di servi, maggiordomi, cuochi, giardinieri. Un quadro dell’aristocrazia etiope degli anni Venti e Trenta che Del Boca definisce “in bilico fra le suggestive eredità del feudalesimo e le forti aspirazioni della modernità” (p.10). Nonostante la chiara impostazione feudale, non vi erano visibili conflitti sociali e persino gli schiavi, dice sempre Del Boca, “che erano stati importati da Caffa come una qualsiasi merce, erano ben contenti di poter mangiare due volte al giorno, di avere un tetto per la notte e un padrone generoso e progressista che li trattava da esseri umani.” (p.12).
Tutto questo finisce con la guerra. Il degiac Nasibù deve andare a combattere: le sue truppe dovranno affrontare quelle di Rodolfo Graziani, che, come tutte le altre truppe italiane, non rispetteranno il trattato internazionale di Ginevra, dal momento che useranno i gas venefici annientando gli eserciti avversari. Senza contare che Nasibù aveva più volte invocato – inutilmente – la Società delle Nazioni per scongiurare un attacco che non era mai stato dichiarato, e che sull’Etiopia vigeva un embargo sulle armi decretato dalla stessa Società. Nasibù, dopo sette mesi di combattimento, dovrà ritirarsi e verrà ricoverato in una clinica a Davos, in Svizzera, dove morirà a causa dell’iprite all’età di 42 anni, senza aver rivisto la famiglia.
Nel 1936, quindi, la vedova, Atzede, figlia di un ufficiale dell’esercito dello zar trasferitosi in Etiopia a fine ‘800 e da allora al servizio dell’imperatore Menelik, decide di giocare d’anticipo e chiedere il trasferimento in Italia, per garantire l’educazione ai figli: la richiesta viene accolta (anche perché l’allontanamento avrebbe impedito eventuali rivendicazioni, secondo Graziani) anche se significherà otto anni di continui trasferimenti ingiustificati, dodici per l’esattezza: Napoli, Tripoli, Rodi, ancora Napoli e Tripoli e poi le Dolomiti, Firenze, la provincia di Arezzo e ancora Trentino e Firenze, dove, nel 1944, con l’arrivo degli americani, finisce il lungo esilio. Se la loro condizione di appartenenza all’aristocrazia li ha resi dei privilegiati, dall’altro lato li ha trasformati in pedine di un gioco che a stento comprendono e che rischia di divenire logorante. Senza contare che in uno di questi trasferimenti, a Tripoli, tutta la famiglia ha corso il rischio di venire sterminata, sempre per un ordine di Graziani che però non viene portato a termine.
I bambini subiscono le pesanti conseguenze di otto anni in cui il loro destino è ignoto perché gestito da altri. E Martha racconta i disagi, la miseria che spesso patiscono, l’impossibilità di andare a scuola in maniera continuativa, nonostante la madre faccia di tutto per garantire loro un’educazione, rivelando una forza d’animo ed una volontà davvero rare.
Martha, con queste sue memorie, come lei stessa afferma in premessa, ha voluto far rivivere una parte di storia d’Etiopia che i suoi figli e nipoti non conoscono, per “ridare vita ai fatti, anche i più personali, che hanno attraversato la mia esistenza e quella di chi mi è vissuto accanto” (p.21).
Aggiungerei che lo stesso vale anche per gli italiani, a cui questo testo svela fatti inediti, mostrando uno dei volti del colonialismo.
Il libro è stato ripubblicato per conto delle edizioni Beat nel 2012.

Autore della recensione: 
Silvia Camilotti
Presentazione: 

Il romanzo è stato presentato nella puntata di Cammei in onda il 10 aprile 2009 sulle frequenze della radio Rai regionale.