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La sartoria del traduttore

Premio Pen Serbia ad Alice Parmeggiani per le migliori traduzioni dal serbo

di Maria Rosa Mura

Ho un debole per i traduttori, lavoro difficile, difficilmente riconosciuto, che mette in comunicazione mondi che altrimenti scorrerebbero paralleli senza incontrarsi mai. Tutti gli incontri passano dalla lingua e dagli sforzi per comunicare, dalla passione di chi impara la lingua altrui o di chi, avendo la fortuna di parlarne più d'una in famiglia, mette a disposizione di tutti questa sua ricchezza.

 

Così, oltre che per la stima per l'interessata, è con grande piacere che ho saputo del Premio Pen Serbia assegnato a giugno ad Alice Parmeggiani, prima italiana a ricevere questo premio prestigioso per le migliori traduzioni dal serbo.

 

 

Oltre all'attività di ricerca ed insegnamento all'Università di Udine, Alice Parmeggiani ha dedicato la sua vita all'attività di traduzione di autori serbi, croati e bosniaci per le più importanti case editrici italiane: testi di classici del Novecento come Ivo Andrić e Aleksandar Tišma, fino agli autori contemporanei come David Albahari, Milovan Djilas, i recenti Dragan Velikić e Jelena Lengold o l'autobiografia del regista Emir Kusturica.

La sfida maggiore dei traduttori è data dalla poesia e Alice Parmeggiani ha tradotto quelle che Božidar Stanišić si ostina a chiamare non-poesie, oltre a tutti i suoi lavori, in un confronto costante di personale amicizia con lo scrittore che ha preferito andare in esilio piuttosto che partecipare ad una  guerra.

Oltre alle traduzioni e alla formazione di mediatori linguistici e culturali nella scuola, ha pubblicato molti saggi e un libro affascinante, “Scritti sulla pietra. Voci e immagini dalla Bosnia ed Erzegovina dal medioevo all'età moderna”, che ripercorre la storia e la complessità di queste terre attraverso l'attenzione alle epigrafi.

Sono contenta per il riconoscimento che viene dato a questo silenzioso lavoro, lo sono stata anche per Stefano Zangrando che aveva ottenuto nel 2010 il Premio italo-tedesco per la traduzione letteraria. Da sempre ammiro  la capacità di alcune persone di ignorare i confini, di passare da un mondo ad un altro, di vivere più paesi, di sentirsi a proprio agio in molte lingue, culture, città.

A chi poi voglia osservare da vicino il lavoro della traduzione suggerisco la lettura di queste ‘ricette’ di Ilaria Vitali: 

Grazie, a questi artigiani, sarti, tessitori, cuochi che lavorano duro e con modestia col materiale messo a disposizione da altri.

Un lavoro che  permette anche a noi di passare da un luogo all'altro per scoprire la comune umanità e culture che altrimenti ci resterebbero sconosciute.