Incontro al Centro Astalli con Abdelazim Koko, referente per il centro, e Lara Zambanini, assistente sociale dell'area minori stranieri non accompagnati.
di Manuel Beozzo
Grazie alla disponibilità di Azim e Lara mi sono potuto fare un'idea su ciò che ruota attorno ai richiedenti asilo e rifugiati in Italia e in Trentino. Nella nostra chiacchierata sono rimasto colpito in particolare da due aspetti: la percentuale, a mio avviso relativamente bassa, di richieste d'asilo in relazione al numero di “arrivi” in Italia e la complessità della “macchina” che segue il prima, il dopo e il durante di ogni richiesta d'asilo
Dando un'occhiata ai dati forniti dal CIR (Consiglio italiano per i rifugiati), nel 2013 sono stati 42.925 i rifugiati e migranti arrivati in Italia. Sempre nello stesso anno 28.000 persone hanno fatto richieste di asilo, 14.500 delle quali hanno ricevuto lo status di rifugiato politico. A titolo comparativo, la Germania ha ricevuto circa 110.000 richieste ed ha concesso forme di aiuto a circa il 60 percento dei richiedenti.
Azim e Lara conoscono molto bene questi dati, e ancora meglio conoscono le persone (e le loro storie) che compongono questi impressionanti e impersonali numeri. Una spiegazione della bassa quota di richieste di asilo in Italia può essere trovata nel fatto che per molti l’Italia rappresenta semplicemente un ponte da attraversare per raggiungere Paesi nel Nord Europa. Sono sopratutto gli eritrei che, abbandonati i centri di prima accoglienza, cercano di arrivare in Germania, Svezia, Francia per inoltrare lì la richiesta d'asilo. La loro speranza è ovviamente quella di riuscire a raggiungere, senza controlli, il Paese desiderato dove, si presume, dispongano di reti sociali (connazionali, amici, parenti) e dove, probabilmente, sperano di avere maggiori aiuti e migliori possibilità di inserimento nel mercato del lavoro (queste aspettative, ahimè, non sempre rispecchiano poi la realtà dei fatti).
Ma come arrivare senza controlli al Nord? Nonostante gli accordi di Schengen, forse anche a seguito del Regolamento di Dublino II (2003) che prevede che sia il primo Paese di arrivo ad essere incaricato di trattare la domanda di asilo, sul treno diretto a Monaco di Baviera è molto probabile imbattersi in controlli della polizia austriaca e tedesca. Al treno si va sostituendo un’alternativa, più economica e probabilmente meno rischiosa, ovvero l'utilizzo di passaggi proposti in siti di car-sharing. Questa modalità infatti, a fronte di un controllo, non espone il passeggero a nessun nuovo rischio rispetto all’utilizzo di altri mezzi (infatti verrà semplicemente rimpatriato in Italia), mentre decisamente più complicata può divenire la situazione per il conducente, che nonostante la sua buona fede, si trova, per le forze dell’ordine, ad essere paragonato agli ormai noti “scafisti” (senza ovviamente la stessa assenza di scrupoli e senza averne lo stesso ritorno economico).
La chiacchierata si conclude con una riflessione sulla durata del periodo di asilo concessa dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, che hanno il compito di valutare tutte le domande presentate. Senza entrare troppo nei dettagli, ogni Commissione (per il Trentino-Alto Adige è quella con sede a Gorizia), definisce la tipologia di protezione da garantire alla persona. Dal momento del riconoscimento della protezione (asilo, protezione sussidiaria o umanitaria) la persona ha diritto a proseguire il progetto di accoglienza per 6 mesi. In questo lasso di tempo un rifugiato dovrebbe riuscire ad imparare l’italiano e, nella migliore delle ipotesi, ad essere economicamente indipendente, ovvero ad inserirsi in un contesto lavorativo legale. Concluso questo periodo può essere fatta richiesta (al Servizio Centrale SPRAR - Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) per una proroga, di ulteriori 6 mesi. L'esito naturalmente non può essere dato per scontato, il che equivale a serie difficoltà di pianificazione della propria vita. Azim considera questo tempo decisamente troppo breve per un inserimento sul territorio che possa essere definito duraturo. Secondo il referente del Centro Astalli il tempo necessario per un effettivo inserimento sul territorio, che comprende un discreto apprendimento della lingua, la costruzione di una propria rete di contatti, una sufficiente conoscenza del territorio e della cultura locale e l'eventuale inserimento in una realtà lavorativa può essere quantificato in 15 mesi. Va detto che non a tutti i richiedenti viene automaticamente concessa la proroga. Se gli operatori e gli assistenti sociali riscontrano a monte scarsa motivazione all’inserimento attivo nella società, la richiesta non viene presentata e la persona conclude il percorso di accoglienza pur mantenendo lo status di rifugiato e tutti i vantaggi connessi.
Per maggiori informazioni sul tema dei richiedenti asilo e rifugiati in Italia si veda l'Atlante Sprar 2012/2013, scaricabile gratuitamente al seguente link: www.cittalia.it/images/file/atlante_sprar_completo_2012_2013.pdf