L'importanza di essere fortunati
di Loris Genetin*
Tutte le mattine mi alzo nello stesso letto, apro la porta della mia stanza, scendo le scale e vado a fare colazione nella stessa cucina di tutti i giorni. Sempre verso la stessa ora risalgo le scale, mi siedo alla mia scrivania e apro il laptop per studiare in vista degli esami dell’università. Si tratta di una routine apparentemente non troppo esaltante per alcuni, che inevitabilmente si ripresenta due o tre volte l’anno per due mesi circa. Si tratta della tipica vita da universitario in periodo di esami.
Spesso e volentieri queste nostre routine vengono date per scontate la maggior parte del tempo, anzi, solitamente ce ne lamentiamo anche e non vediamo l’ora di sfuggire a questa monotonia. Eppure, non troppo lontano da qui, ci sono persone disposte a rischiare tutto pur di arrivare a costruirsi una routine simile alla nostra. Attraversano deserti, frontiere, mari e violenza nella speranza di poter arrivare un giorno a svegliarsi la mattina avendo la certezza di quello che li aspetterà. Purtroppo quello che a mio parere sembra non far minimamente parte della nostra coscienza, è che nella stragrande maggior parte dei casi non abbiamo fatto assolutamente nulla per meritarci la sicurezza della nostra routine. Siamo semplicemente nati nella parte “giusta” del mondo, dove i diritti basilari vengono dati per scontati e dove abbiamo i mezzi per poter arrivare a studiare all’università o ad avere un lavoro dignitoso per il quale svegliarsi la mattina. Nessun merito, solo fortuna. Non voglio di certo iniziare uno di quei discorsi complessi e necessariamente lunghi per illustrare i problemi politici, economici e sociali che stanno caratterizzando gli ultimi anni, desidero semplicemente far notare quanto incida il caso nella nostra visione del mondo e dei suoi problemi. Nessuno di noi è stato bravo a nascere in Italia o in Europa, nessuno di noi è stato bravo per meritarsi di essere iscritto a scuola fin da bambino, nessuno di noi è stato bravo da meritarsi un’assistenza sanitaria quantomeno basilare e nessuno di noi è stato bravo per non dover rischiare di morire per raggiungere tutto questo. Probabilmente, se ognuno di noi si facesse un bagno di umiltà e realismo quando pensa a questa gara che consideriamo essere ormai la vita, capiremmo che non abbiamo nessun merito nell’essere partiti avanti e nel gareggiare contro un concorrente con la caviglia slogata.
Per concludere vorrei spostare l’attenzione sulle persone che sono riuscite ad arrivare nella parte “giusta” del mondo nella speranza di poter costruire un qualcosa: ne conosco qualcuna e ogni volta che li incontro mi stupisco per l’impegno, la perseveranza e l’entusiasmo che ci mettono. Sono cose che a mio parere noi “nativi” stiamo perdendo, vuoi per il difficile periodo storico in cui viviamo o vuoi per motivi personali, ma piano piano stiamo diventando incapaci di entusiasmarci per ciò che facciamo e quando vediamo qualcuno capace di trovare la voglia di essere felice, ne siamo invidiosi.
*Loris Genetin è studente all'università di Trento, frequenta i corsi per la laurea triennale in Studi internazionali, partecipa alla terza edizione del progetto SuXr, Studenti universitari per i rifugiati