Quattro anni di buone pratiche in Germania
di Manuel Beozzo
La cittadina di Eichstätt è già stata nominata in un precedente articolo di questa rivista (numero 4, 2015). In quell’occasione era stata presentata un’iniziativa studentesca (TUN), nata nel 2012 per dare supporto ai primi rifugiati giunti in Baviera.
Dal 2012 ad oggi la situazione dei richiedenti asilo in Europa è stata troppo spesso segnata da drammatiche situazioni e da una crescente assenza di sensibilità da parte di alcuni Stati, richiamando alla mente la sfortunata definizione “fortezza Europa”. Come in tutte le realtà, anche in quelle riguardanti i rifugiati è però fortunatamente possibile trovare le cosiddette buone prassi, ovvero esempi che fanno sperare in un cambio di rotta e che, nella migliore delle ipotesi, potrebbero essere presi come modello da attuare altrove. Dal 2012 al oggi, il numero dei rifugiati presenti ad Eichstätt è passato da 40, alloggiati in zone limitrofe della cittadina, a 250 accolti nel centro della città, in una ex scuola superiore di proprietà della diocesi e messa a disposizione del Governo bavarese a costo zero. La struttura, un bellissimo palazzo barocco, offre posti letto, mensa, aule per lezioni di tedesco, spazi ricreativi per grandi e piccoli, centro di assistenza legale e, una volta alla settimana, ospita medici che, offrono le loro prestazioni. La collaborazione volontaria tra amministrazione locale, cittadini, scuole, università e diocesi ha reso possibile trovare rapidamente efficaci risposte durature nel tempo.
Come è facile intuire, rendere il sistema d'aiuti operativo ed efficiente ha richiesto un grande sforzo da parte di tutti gli attori coinvolti. L’amministrazione, sin dai primi arrivi, ha mantenuto, attraverso incontri molto partecipati, un intenso rapporto di ascolto con la popolazione. Questi momenti sono stati l'occasione per dare risposte concrete ai dubbi e talvolta alle paure della gente locale. L'onestà con cui gli amministratori si sono rapportati verso i propri cittadini è stata “premiata” da un ammirevole senso di umanità da parte della popolazione. Tutt'oggi l’amministrazione, le associazioni e le persone principalmente coinvolte nel sostegno dato ai rifugiati continuano a vedersi settimanalmente per “stare sul pezzo” e cercare di dare immediate risposte alle continue difficoltà che inevitabilmente scaturiscono.
Gli stessi volontari di Eichstätt sono però consci del fatto che ciò che, da ormai quattro anni, sta avvenendo, si tratti di una realtà quasi unica. In generale, la maggior parte dei richiedenti asilo rimane in media ca. 4 settimana nella cittadina di Eichstätt, per poi venir spostati altrove. La scelta di far convergere un così gran numero di rifugiati nella cittadina di Eichstätt è stata una decisione presa dal Governo bavarese. Contro questa decisione la cittadina non ha diritto di replica. E così una volta che viene definito il contingente, ovvero il numero di rifugiati ai quali una località deve dare assistenza, è compito dei comuni trovare le soluzioni, spesso con aiuti finanziari al di sotto delle spese sostenute. Questa situazione può portare rapidamente ad uno scontento tra i cittadini, i quali vedono nei richiedenti asilo il motivo di tutti i mali. Ciò che quindi sorprende maggiormente nella vicenda di Eichstätt è come si sia, sin dall'inizio, cercato di trovare soluzioni immediate, aggirando spesso la complessa burocrazia che caratterizza le richieste d'asilo (considerate spesso e volentieri più come questioni di carattere amministrativo che umanitario); e come, anziché scontento, da parte di tutta la società civile ci sia stata invece un’immediata predisposizione all’aiuto ed una elevata sensibilità verso queste persone venute da lontano: imprenditori che assumono rifugiati andando contro le loro stesse preoccupazioni iniziale; associazioni sportive che mettono a disposizione gratuitamente le proprie strutture; studenti di scuole superiori che organizzano, su propria iniziativa, incontri ricreativi per i più piccoli; ma anche attenzione alle modalità d'alloggio (vista la presenza di varie nazionalità - nei periodi di “punta” si sono contate anche 25 diverse nazionalità - le camere sono state organizzate per nazionalità). Nel documentario, con grande naturalezza, una persona che si occupa delle lezioni di lingua commenta: “È molto semplice: i rifugiati aumentano, e di conseguenza anche le persone pronte ad aiutare aumentano”. Ecco una semplice buona prassi da prendere come modello!
Le informazioni qui riportate sono tratte da un documentario dal titolo “Eichstätt und seine Flüchtlinge”, che riassume per l’appunto la risposta della popolazione della cittadina a quattro anni dall’arrivo dei primi rifugiati: www.br.de/fernsehen/bayerisches-fernsehen/sendungen/unter-unserem-himmel...