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Giovani inviati speciali alla COP 20 a Lima.

Giovani inviati speciali alla COP 20 a Lima,
 la conferenza sul clima che cambia

Gli effetti del riscaldamento globale
Catastrofi ambientali e migrazioni

di Camilla Forti

 

Era il 27 luglio 2014 quando, per caso, notai sul sito dell'Assessorato alla Cooperazione e Solidarietà Internazionale della provincia di Trento il bando di un progetto dal titolo “Agenzia di Stampa Giovanile su Cooperazione allo Sviluppo, Sostenibilità Ambientale e Cambiamenti Climatici”. Fui attirata dalle parole cambiamenti climatici e sostenibilità ambientale, essendo state tematiche centrali del mio master, e decisi quindi di addentrarmi nella lettura del bando. Partecipazione come giornalista alla COP201 a Lima, alla Cumbre de los Pueblos2 e alla Coy103 e conseguente ricaduta territoriale con incontri in 10 scuole e 5 comuni del Trentino. Non esitai nemmeno un secondo e decisi di fare domanda. Il 12 agosto ricevetti la mail di risposta “Ciao, Camilla, una buona notizia per Ferragosto. Sei stata selezionata per il progetto”. Ed è così che è iniziata la mia esperienza “ambientale” nella società civile.

 

 

 

1 XX Conferenza delle Parti. Le Parti che hanno ratificato la Convenzione quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite si incontrano annualmente per portare avanti gli obiettivi posti dalla Convenzione
2 Evento organizzato dai rappresentanti della società civile (movimenti contadini, indigeni, femminili..) che si riuniscono per creare un luogo di dialogo e riflessione critica in merito alle questioni climatiche in quanto non si sentono rappresentati all'interno della COP.
3 Conference of the Youth, conferenza dei giovani che si ritrovano prima dell'inizio della COP per delineare un documento comune da presentare alla Conferenza delle Parti.

Sono figlia di agricoltori biologici e ho sempre vissuto in campagna e questo mi ha portata ad avere un profondo rispetto per la natura che mi circonda e a riconoscere in essa il fondamentale, anzi essenziale, ruolo che ricopre nella mia vita. Ma quello che mi spinse, e che ancora oggi mi spinge, ad interessarmi alla questione climatica è il suo essere conseguenza di un sistema economico che mercifica la natura rendendola schiava delle logiche del mercato.

Partii quindi alla volta di Lima con in testa mille domande e tanta voglia di capire se il mio partecipare a questo progetto mi avrebbe permesso di rendermi utile. Vidi infatti nello strumento del giornalismo la possibilità di poter informare coloro che non hanno idea di ciò che realmente stia accadendo al nostro pianeta, ma soprattutto ignorano, o sembrano ignorare, le cause latenti.

Ad essere sincera, quando feci domanda non credevo (e non lo credo nemmeno dopo avervi partecipato) che grandi eventi quali le COP siano i luoghi dove si riuscirà a trovare le soluzioni ai problemi ambientali che siamo costretti ad affrontare oggigiorno. Non ci credo poichè, fino a che al tavolo delle negoziazioni siederanno interessi nazionali ed economici, questi incontri saranno pressoché inutili. Decisi comunque di andare a Lima, un po’ per la possibilità di andare in Perù, ma principalmente per vedere da vicino cosa fossero queste COP che tanto avevo studiato sui miei libri per scrivere la tesi. Tornata dall'esperienza latinoamericana, insieme ai miei compagni di viaggio, dedicai parte del mio tempo agli interventi nelle scuole e nei comuni, con l'intento di sensibilizzare  i nostri interlocutori, tramite il racconto della nostra esperienza personale.

Quello che trovo fondamentale nell'analisi delle questioni climatiche è la loro necessaria declinazione in termini politico-sociali ed economici. Il problema ambientale non può e non deve essere ridotto e semplificato all'innalzamento delle temperature e del livello dei mari e allo scioglimento dei ghiacciai del Polo Nord e Sud. Questa descrizione del riscaldamento globale in termini meramente ambientali riduce la complessità e gravità del problema. Il cambiamento climatico è il risultato di uno sfruttamento eccessivo ed insostenibile delle risorse naturali del nostro pianeta, basato su una concezione antropocentrica del mondo che dimentica la presenza della natura come elemento dominante ed essenziale della vita degli uomini. La terra questo ce lo sta già da tempo dicendo. E per quanto difficile per molti possa sembrare, non ce lo sta dicendo solo con le innumerevoli alluvioni, tsunami e catastrofi ambientali che avvengono. Ce lo sta dicendo anche con le migliaia di vite umane spezzate tra le onde di un mare così bello qual è il Mediterraneo, ma allo stesso tempo così freddo e crudele, che avvolge senza pietà coloro che lo sfidano con coraggio e disperazione nella speranza di arrivare al di qua, dove la vita è ancora possibile. Tra quelle migliaia di persone che salgono sui “barconi”, coloro che vengono definiti “immigrati economici”, non richiedenti asilo, e dunque non meritevoli di essere accolti in quanto non in fuga da una guerra, sono in realtà anche loro in fuga da una lotta terribile, quella contro la fame. La loro sopravvivenza è minata dalle devastazioni ambientali, quali per esempio le imponenti opere di deforestazione -strettamente collegate all'aumento dei gas serra- condotte per il famigerato olio di palma, che causano desertificazione e rendono le loro terre infeconde e sterili, impedendo alle popolazioni locali di potersi sfamare.

 

Ed ecco perché, quando ho ricevuto la chiamata per partecipare al progetto “Il Rifiuto della Terra” promosso dal Gioco degli Specchi sul tema delle ecomigrazioni, non ho potuto fare altro che accettare. Credo che soffermarsi sulla questione ambientale da un punto di vista scientifico e  analizzare le decisioni prese a livello internazionale per contrastare il problema siano elementi fondamentali del nostro lavoro.

Tuttavia, nella nostra opera di divulgazione e sensibilizzazione, è anche necessario che si cominci a far riflettere il pubblico, per quanto esiguo possa essere, sullo strettissimo legame tra il paradigma economico dominante e le nefaste conseguenze a livello ambientale e sociale. Le ecomigrazioni sono per l'appunto l'esempio di uno dei più gravi impatti sociali del cambiamento climatico. Serve nuova linfa al dibattito sulla questione migratoria che porti a riflessioni più profonde e soluzioni più concrete e lungimiranti. Credo che cominciare a capire perché queste persone fuggano e da cosa fuggano sia un buon punto di partenza. E io, come tutta la mia associazione, sento l'esigenza di essere parte del gruppo di coloro che si fanno queste domande e lavorano per poter raccontare le risposte ad un pubblico che ha bisogno di comprendere.