E’ la vita di un poeta che si innamora e vive all’ombra della più famosa cantante araba dei nostri tempi, Umm Khaltum, un rapporto intenso e profondo che li accomuna nell’arte e per l’intera esistenza. Sullo sfondo l’Egitto dall’epoca coloniale al momento della morte dell’artista nel 1975, dal re Fuad e suo figlio Faruk a Nasser, Sadat e alle guerre contro Israele.
Perché mettersi a scrivere? Munif è un economista, ma a partire dal 1973, a quarant'anni, comincia a dedicarsi alla scrittura con sempre maggiore convinzione e producendo opere monumentali. La sua poetica viene esplicitata in questo romanzo quando il protagonista dichiara di avere due progetti che lo ossessionano: scrivere e andare a Ginevra a portare le sue denunce.
“Epico”, nel senso etimologico del termine, potrebbe venire definito il romanzo dell’autrice afro-americana Toni Morrison. Epico in quanto Morrison descrive una saga, lunga due secoli, di un gruppo di uomini e donne di colore che fonda un villaggio, Ruby, nell’Oklahoma. Si tratta di un luogo isolato, ai margini più estremi di una società che per secoli li ha esclusi, rifiutati, offesi, obbligandoli alla ricerca di un luogo, teatro della vicenda, che agli occhi di questo manipolo apparirà, almeno all’inizio, un paradiso immacolato e immune da ogni male.
Scritto con Anna Maria Mori, un testo in cui si rincorrono due voci racconta le vicende dell’Istria diventata jugoslava, vista con gli occhi di chi è partito e con quelli di chi è restato, con gli occhi dell’infanzia e con quelli dell’età matura che non può dimenticare e vuole capire. Anche se del trauma subito dalle due bambine di allora e di tutto quel dolore non si può trovare un perché.
Il titolo originale è My place: in un libro autobiografico l’autrice ricerca con ostinazione nella memoria dei suoi familiari, contro la loro stessa volontà, la propria appartenenza, le proprie origini, nascoste per paura e vergogna.
Un griot racconta la storia di Cousim Samba, eroe-antieroe, maledetto dal giorno in cui è venuto al mondo. Cacciato dal villaggio, in una bidonville africana attraversa le terribili esperienze del potere coloniale e del regime successivo all'indipendenza.
Leyla, nata in un villaggio ai bordi del deserto, ha un legame particolare con la nonna, una nomade tuareg, grande narratrice. Il libro parla della crescita della bambina, della sua emancipazione grazie allo studio, delle vicende della sua famiglia di cui presenta innumerevoli personaggi, e contemporaneamente si apre sulla storia dell’Algeria negli anni della lotta per l’indipendenza e sui rapporti tra arabi, francesi ed ebrei.
Sono due racconti in cui rievocano la loro vita una contadina e un’insegnante.La prima ha vissuto la povertà dell’inizio del secolo e se ne è andata dall’Istria nell’esodo del secondo dopoguerra quando molte famiglie disperate si sono spaccate, dividendosi sulle due sponde dell’Adriatico; l’altra vive in Istria ai nostri giorni, sempre più sola in una terra intristita e abbandonata da tanti abitanti italiani.Ha vinto il premio Mondello come opera prima.
Per molti Antigua è soltanto un’isola di spiagge bianchissime accarezzate dagli alisei, una per ciascun giorno dell’anno. Jamaica Kincaid, che ci è nata, ce ne mostra una faccia diversa. E, d’improvviso, è come se nello smalto verdazzurro dei Carabi si scoprisse una ferita in suppurazione, prodotta da politici predatori, interessati solo a perpetuare lo sfruttamento di chi, tanto tempo fa, colonizzò l’isola. Nulla riesce a contenere l’incalzare degli insulti che, con algida insofferenza, Jamaica Kincaid riversa su tutti, turisti compresi.
Cheope viene convinto dai suoi alti dignitari ad intraprendere la costruzione della piramide: è necessario al potere che il popolo sia impegnato in una simile folle impresa. Fatica, angoscia, terrore, lutti, finalizzati ad un qualsiasi inutile scopo, sono il cemento dell’assolutismo. Gradone dopo gradone la piramide si innalza inghiottendo risorse e vittime, partorendo nel tempo altri simboli del terrore e del dominio come le piramidi di teschi di Tamerlano, piccolissimi ma altrettanto feroci, i bunker dell’Albania.