Ci sono poche cose che definiscono un popolo più della sua cucina: il cibo non è solo sapore ma anche appartenenza, legame profondo con la propria comunità. Chi si trasferisce in un altro paese è obbligato a cambiare abito e lingua, ma cerca sempre di conservare qualcosa della cucina originaria.
Il ritmo, l'ambientazione, i cambi di scena, la situazione surreale di una moderna pièce teatrale. Sul 'palcoscenico' una realtà trasfigurata in personaggi macchiette ma di grande impatto.
Questo romanzo propone una visione del mondo capovolta, in cui il centro diventa l'Africa, una federazione di stati ricca e potente, mentre Europa e Stati Uniti sono dilaniati dalle guerre e in preda alla miseria e alla fame. Ogni giorno sulle coste africane si riversano centinaia di poveri bianchi, alla ricerca di migliori aspettative di vita. La geografia del potere e dello sviluppo è cambiata, i pregiudizi e i luoghi comuni sono capovolti. In questo mondo in cui il dominio risiede a Sud, si muove una bambina francese povera.
Nel genere letterario del memoir il libro registra come un'attenta macchina da presa un quadro familiare dominato da vigorose presenze femminili in cui la piccola protagonista si muove tra due nonne diversissime e acquista sempre maggiore consapevolezza delle ricche doti di 'sangue' ereditate. Passa dallo sforzo di nascondersi e mimetizzarsi alla convinta affermazione della propria identità meticcia. È infatti afroamericana con ascendenze francesi per parte di madre ed italoamericane per parte di padre.
Sempre attuali gli insegnamenti di Tierno Bokar, il saggio religioso musulmano che segna la formazione e l'intera esistenza di Hampâtè Bâ.
“Tutto ciò che sono, lo devo a lui...a lui devo la mia formazione, il mio modo di pensare e di comportarmi, e questo 'ascolto dell'altro' che è forse la sua più bella eredità, e la migliore garanzia di pace nei rapporti con gli altri.”
“Se siete con qualcuno, non cercate cosa vi distingue; cercate che cosa avete in comune e costruite su quello” diceva quest'umile marabut di un piccolo centro del Mali..
Allah non è mica obbligato si basa sul punto di vista di un bambino-soldato, Birahima, protagonista dei conflitti in Sierra Leone e Liberia. Il tono di denuncia, implicito nella scelta del protagonista, è smorzato (o accentuato?) dalla visione che un bambino può avere della guerra, della morte, della violenza e del sangue, che in questo caso diventano la sua normalità, il suo pane quotidiano.
Il libro è stato presentato nella trasmissione radiofonica Cammei della Rai regionale del Trentino Alto-Adige il 24 aprile 2009, ore 16.00
Riferiamo qui del primo volume, nel 2007 è stato pubblicato anche il secondo, ricco di altre venti rilevanti testimonianze, di un'opera che raccoglie le biografie di molte donne, ormai avanti negli anni, che vivono a Trieste, racconti scritti da loro stesse o rielaborati dalle curatrici sulla base di incontri ed interviste. Si tratta di un lavoro accurato durato molti anni, di un ascolto paziente e coinvolgente.
I contributi qui raccolti, con in appendice il libretto d'opera Imoinda di Joan Anim-Addo, propongono una riflessione sull'intercultura a partire dalla lettura di testi in prosa e poesia di scrittrici caraibiche. In forma di saggio, prosa, poesia, traduzione, offrono modi e linguaggi diversi – musicale, corporeo, poetico, in italiano, inglese, francese, spagnolo e varie forme di patois – per mettere in gioco identità differenti e affrontare il tema nel suo duplice aspetto di fonte di conoscenza della unicità caraibica e di spunto di riflessione sulla complessità contemporanea.
I suoi racconti parlano con estrema semplicità della vita quotidiana, osservano da vicino la natura degli uomini, sono insomma ben lontani non solo dai toni trionfalistici e guerrieri propri di qualunque regime ma anche dai valori rivoluzionari e da quelli tradizionali.
Del passato glorioso del generale in pensione non si accenna nemmeno, lo vediamo ritirarsi in città, nella casa del figlio, gestita con cinica concretezza dalla nuora.