Cristiano Spila è curatore del testo di Leone Africano, Viaggio in Marocco, taccuino illustrato di un avventuriero del '500. Il Marocco e la città di Fez del ‘500 riprendono vita davanti ai nostri occhi grazie alle splendide immagini che ne riproducono gli scorci e le atmosfere – la magia delle sue case, le fontane, le vie del suk, gli hamam, le osterie, le moschee – e al racconto suggestivo di Leone Africano, scrittore arabo giunto come schiavo alla corte del Papa nel 1517.
Questo è il terzo volume della “Trilogia degli schiavi”: ne “La costa degli schiavi” Hansen raccontava di migliaia di esseri umani fatti prigionieri per essere venduti, ne “Le navi degli schiavi” la terribile traversata dell'Atlantico, qui ricostruisce la terribile condizione nelle piantagioni di canna da zucchero nell'arco di due secoli.
Siamo nelle Isole Vergini, nel mar dei Caraibi, a est di Portorico, possedimenti danesi fino al 1917 quando furono vendute agli USA, ora nota meta turistica e paradiso fiscale.
A partire da un fatto realmente accaduto, il terremoto che distrusse nel 2003 Bam, città iraniana caratterizzata da una antica fortezza, si snodano le vicende di un nonno e della sua giovane nipote, unici sopravvissuti della numerosa famiglia. La ragazzina, autistica, si caratterizza per una bellezza fuori dal comune, che la farà precipitare nel traffico di giovani donne destinate a soddisfare ricchi e oscuri personaggi.
È un libro di memorie e di atmosfere, da cui emerge a tessere di mosaico l'immagine di una famiglia con tutte le sue ramificazioni (“ho già versato una discreta quantità di cenere in questa enorme urna di famiglia”) e insieme di una lunga epoca storica. Non c'è un racconto avventuroso, una storia d'amore avvincente, un mistero da chiarire, ma non si riesce a staccarsi da queste pagine di grande letteratura, fitte anche di continue riflessioni sulla scrittura, sulle sue modalità espressive, sul suo significato.
Un testo che racconta, dal punto di vista degli africani, il periodo coloniale, con una accurata ricostruzione di ambiente, tradizioni e personaggi. Keita, re di Soba, è convinto che basteranno la protezione degli avi e di Allah, per difendere dagli invasori la sua capitale, ma grazie a questa convinzione i 'Nazareni' occupano il suo regno senza nemmeno combattere e lo sottomettono alla loro autorità lasciandogli solo l'apparenza del potere.
I racconti dello scrittore di origine libiche riescono a riprodurre quasi visivamente le atmosfere del deserto, i colori, le abitudini e non ultime le difficoltà dei popoli che lì vivono e che spesso lo combattono. La Libia, terra da cui l'autore è emigrato ma dove spesso fa ritorno, fa da sfondo ai racconti, sia da un punto di vista geografico che storico, visti i rapporti coloniali con l'Italia a cui in alcuni racconti si fa riferimento.
Un giornalista egiziano viene allontanato dalla sua città, Il Cairo, e ora si trova in esilio al nord, in Europa, anche lì emarginato, un allontanamento utile in fondo per riflettere sui suoi ideali di nasseriano ormai sconfitto, sul suo lavoro, sui rapporti con i colleghi e con la moglie da cui ha divorziato.
Un libro che si legge facile, storia scorrevole, lingua semplice con solo lievi ironie, personaggi accattivanti, a partire dalla signora Ramotswe, la quarantenne detective di grande intuito, buon cuore e “corporatura tradizionale”.
Una storia con forte senso morale, e per ambiente una splendida Africa non solo nei suoi colori, nei paesaggi, nelle sue piante, nella sua sabbia rossa. È anche l'Africa che perde la lotta con la siccità e le formiche, ma soprattutto è un microcosmo dove nessuno è solo, dove si vive costantemente la comune umanità.
Questo testo è un lungo monologo di un vecchio febbricitante: il sacerdote cileno Sebastiàn Urrutia Lacroix, membro dell'Opus Dei, critico letterario e poeta. Nelle sue parole, un incantesimo affabulatore, passa la storia letteraria contemporanea del paese e la storia politica vista con gli occhi di un uomo mediocre che simpatizza per il dittatore fascista (“Il mondo dell'estrema destra è un mondo smisurato e interessante di per sé”, dice l'autore). A guardarli da vicino alcuni personaggi sono riconoscibili anche se sotto nomi diversi, altri appaiono con il loro nome, da Neruda a Pinochet.
Racconta la storia di una famiglia di Karnak all'epoca della dominazione inglese. Il figlio è emigrato quando ancora era un bambino per lavorare nei campi militari, prima in Sudan poi in Palestina, dove si sposa, per tornare infine al villaggio dopo molti anni. Nel frattempo il padre è morto, la sorella ha concluso un matrimonio infelice e 'il fiume della vita continua a scorrere' tra superstizioni, tabù, dissidi tra famiglie e amori.