Un cantastorie africano intrattiene il suo padrone e capo, il Presidente e Generale di una imprecisata repubblica africana esaltando le sue gesta e quelle di vari personaggi a capo di altri paesi, dandogli consigli per aumentare il suo potere. È una rassegna beffarda, circostanziata e aderente alla realtà, delle varie figure di dittatori che l'Africa post coloniale ha conosciuto.
Kanafani racconta con intensa umanità il passato e il presente di due tragedie strettamente intrecciate: quella palestinese e quella ebraica. Due coniugi palestinesi ritornano dopo vent'anni ad Haifa, la loro città. Sperano ancora di ritrovare il figlio di pochi mesi che avevano perso nella fuga precipitosa verso il porto a cui li avevano costretti gli inglesi nel '48. Nella loro casa abita una famiglia di vecchi polacchi scampati all'Olocausto e il figlio, il figlio sì, purtroppo, lo trovano.
L'autore riesce a sintetizzare in pochissime pagine storia e sofferenza di due popoli.
Eva, Lisa, Natalija, Sovdat, Maryam, Sara, Rosa..storie di molte donne che vivono, senza averne coscienza e senza rivoltarsi, le leggi tradizionali del loro paese che le fa sposare dopo un rapimento, anche senza il loro consenso, che li fanno allevare figli durante continui episodi di guerra in patria o nei pericoli della capitale russa, tra rastrellamenti anti terroristi e aggressioni di skinheads, che le spinge a testimoniare quanto succede nel loro paese, a legarsi con attivisti dei diritti umani e giornalisti russi come Anna Politkovskaja.
I béké discendenti dei coloni bianchi, i grands blancs, il bianco-paese e il bianco-Francia, la mulattaglia, la câpresse ed il chabin diversamente meticci, la kulie indiana e l'échappée-kulie afroindiana, il negro-Congo, negro-Guinea, il marron, schiavo negro fuggiasco, i negozianti siriani e italiani, cinesi e..
Quando Confiant parla di realtà creola, sa bene a cosa si riferisce. È una Martinica in cui la storia ha creato un intrico inestricabile di popolazioni di tutto il mondo, e insieme gerarchie sociali profondamente radicate.
Sono nove racconti, inediti in Italia, di un autore assai noto ed amato per altre sue opere. Li presenta alla nostra attenzione un suo appassionato cultore, lo scrittore e poeta Božidar Stanišić. Andrić racconta l'umanità, entra nelle vite degli altri, isola una persona in mezzo alla folla e ne dimostra l'unicità, la osserva da vicino, porta alla luce sentimenti pulsioni sogni con una precisione che nemmeno l'interessato riuscirebbe ad avere.
Il romanzo dello scrittore di origini libiche, Hisham Matar, racconta un pezzetto della storia del paese - oggi più che mai sotto i riflettori - da cui i suoi genitori sono partiti. In realtà, l'autore non descrive la Libia dei nostri giorni, ma fa fare al lettore un passo indietro, ancora più significativo alla luce dei fatti di questi mesi, in cui si parla dell'ascesa al potere di Gheddafi a partire dalle conseguenze che essa provoca nella famiglia di Suleiman.
Il libro è un omaggio alla città, Argirocastro, in cui lo scrittore è nato (come il dittatore Enver Hoxha) e che prende vita nella sua attenta descrizione: le case dai tetti d'ardesia abbarbicate le une alle altre, antiche case fortificate a tre piani, tra stradine strette e lunghe gradinate che salgono verso l'imponente fortezza che le domina.
Il primo romanzo di Ismail Kadarè, pubblicato nel 1963, riedito da Longanesi nel 2009, racconta la missione di un generale e di un sacerdote che cercano le salme di tremila soldati italiani, caduti in Albania nella seconda guerra mondiale, per riportarli in patria. In questo compito molto difficile si riaffaccia la storia della guerra e delle vicende personali dei soldati, si snoda la riflessione sull'assurdità di quelle lotte e anche di quel triste compito svolto tra pioggia e fango, tra ostilità, silenzi e inaspettate scoperte
Il romanzo di György Dragoman, appartenente alla minoranza ungherese in Romania che ha abbandonato nel 1988 per l'Ungheria, si costruisce con una serie di affreschi ognuno riassunto per lo più da una parola. Se si scorre l'indice infatti, si incappa in un elenco sintetico e essenziale di termini, scritti in minuscolo: "tulipani, salto, piccone, musica, guerra, africa" per fare qualche esempio, ognuno nucleo, soggetto, del capitolo a cui dà il titolo.
Se già in Racconti italiani Monteiro Martins rivelava una cifra stilistica e poetica ben definita, ne La passione del vuoto vediamo una ulteriore maturazione dello scrittore, sia dal punto di vista formale che strutturale. I racconti di questa seconda raccolta non sono, infatti, tenuti insieme solo dal ben definito modus scribendi dell’autore e dall’evidente volontà di entrare in diretto dialogo con il nostro presente: sono legati da un solido filo rosso che attraversa con sistematicità tutta l’opera, ponendola al bivio tra la raccolta di racconti ed un romanzo alquanto sui generis.