Il testo racconta l'emigrazione oltreoceano, in Germania, nel Belgio, in Svizzera e Lussemburgo, si dilunga sull'emigrazione verso la Francia.
Si tratta di un saggio che riprende la tematica del genocidio dei rom durante il regime fascista, con una particolare attenzione all’aspetto della rieducazione e della omologazione, riproposta anche in situazioni limite come quella del campo di concentramento. Vengono così alla luce i documenti che narrano di scuole sorte all’interno dei campi fascisti riservati a Sinti e Rom, in concomitanza con la costruzione di tesi che sostenevano l’inferiorità genetica di queste popolazioni.
Che la cosiddetta “letteratura della migrazione” sia una definizione volutamente circoscritta, volta a inquadrare la produzione letteraria di scrittori e scrittrici la cui biografia è contraddistinta dalla frattura esistenziale dell’esperienza migratoria e della commutazione linguistica, è cosa nota solo in parte.
Un reportage che nasce da lunghi viaggi, cinque anni in cui Stefano Liberti si fa prendere dall'ossessione di conoscere le rotte della migrazione, di capire la vita dei migranti africani, le loro strategie per viaggiare e sopravvivere. Incontri e interviste sul campo dal Niger alla Mauritania al Senegal all'Algeria al Marocco fino alla Turchia.
Pino Petruzzelli, scrittore ed attore, ha avvicinato tante culture nella sua vita professionale, si è mosso in molti luoghi, ha rappresentato sulle scene con i suoi spettacoli quanto aveva conosciuto e studiato. Non è quindi un caso se il desiderio di capire e di conoscere lo spinge ora ad avvicinarsi ad un mondo che quasi tutti indistintamente rifiutano in un testo il cui titolo completo suona così: Tutti hanno paura dei rom ma nessuno li conosce. Non chiamarmi zingaro.
Perseguitati e diversi da sempre, a loro la parola.
L'antropologo denuncia il pericolo di sottolineare le differenze culturali, anche per sottolinearne l'arricchimento che possono apportare alla società: il presunto rispetto dell'Altro può mascherare intolleranze e discriminazioni e l'eccessiva etnicizzazione può, lo abbiamo dolorosamente sperimentato più volte, dar vita a pulizie etniche. In realtà, ovunque, ci sono PERSONE, molteplici esse stesse e mutabili. E gli uomini sono molto complessi, per dirla con Amadou Hampâté Bâ: “Le persone di una persona sono numerose in ogni persona”.
Paola Zaccaria ci offre i risultati di una riflessione pluriennale e ad ampio spettro sulla lingua e sulla traduzione, con un'indagine in profondità su singole parole, semanticamente dense.Il discorso affronta molti temi: la posizione della donna, “straniera” in ogni contesto, il rapporto tra culture nel passato ed oggi, il senso del vivere “sulla soglia”, al confine, l'identità che si allarga come radice a rizoma e non scolorisce nel confronto con l'altro, lo scrivere e il tradurre da lingue creole e di frontiera.
Il libro cerca di smontare i luoghi comuni preferiti dei razzisti italiani mostrando loro come fossero stati impiegati contro gli italiani in Argentina, Francia, Svizzera, Australia, Stati Uniti, quando le vittime di calunnie, discriminazioni e linciaggi erano friulani, veneti, lombardi e piemontesi...
Una terra, la Bosnia, che ha visto la convivenza fianco a fianco di molte popolazioni, la sopravvivenza di lingue e culture diverse. Bosniaco turco arabo persiano ladino (spagnolo sefardita) sopravvivono insieme e si contaminano nelle parole, nei generi letterari, nei temi privilegiati.
L'autore ripercorre la storia dei popoli dominanti e subalterni dal colonialismo ottocentesco fino ai nostri giorni, cercando la soluzione della tragedia dell'odio nelle pieghe della storia.